55° anniversario Nostra Aetate: rav Marans (Ijcic), “grati per la fermezza di Papa Francesco contro il flagello dell’antisemitismo”

“In un momento in cui l’antisemitismo è in aumento e la minaccia fisica contro le comunità ebraiche e gli ebrei è estremamente reale, siamo grati per la fermezza di Papa Francesco, che si è pronunciato con forza e ripetutamente contro questo flagello”. Parole di gratitudine per l’impegno di Papa Francesco a sconfiggere la piaga dell’antisemitismo sono state espresse dal rabbino Noam E. Marans, presidente del Comitato ebraico internazionale per le consultazioni interreligiose (Ijcic), in un messaggio scritto in occasione della commemorazione del 55° anniversario della pubblicazione della dichiarazione conciliare “Nostra Aetate”. Il rabbino evidenzia che già all’inizio del suo pontificato Papa Francesco, quando ha incontrato l’IJcic, ha ricordato al mondo la ferma condanna di “Nostra Aetate” rispetto a “odio, persecuzione e tutte le forme di antisemitismo” aggiungendo che, “per le nostre radici comuni, un cristiano non può essere antisemita”. “Allo stesso modo – afferma oggi il rabbino Marans – siamo solidali con i nostri fratelli e sorelle cristiani che subiscono gravi violazioni della libertà religiosa, discriminazione e persecuzione in un certo numero di Paesi non democratici in tutto il mondo”. Il rabbino saluta la dichiarazione “Nostra Aetate” come “una pietra miliare” del percorso che ebrei e cattolici stanno facendo da 55 anni per “una nuova e migliore era nelle relazioni ebraico-cristiane”. Un percorso che è stato sostenuto dalle visite papali alle sinagoghe e ai luoghi orribili dei crimini dell’Olocausto nonché dalla ripresa delle relazioni diplomatiche Vaticano-Israele nel 1993. Gli ebrei – dice ancora Marans – hanno accolto, come “altrettanto importante”, “la mano tesa della Chiesa” verso gli ebrei in diversi contesti religiosi, comunitari e accademici. Si tratta di un impegno di dialogo che “ha trasformato due millenni di inimicizia in una benedizione di amicizia”. Mezzo secolo di una storia nuova in cui “abbiamo sperimentato e affermato la convinzione condivisa che gli esseri umani sono creati a immagine divina e che i nostri destini sono inestricabilmente legati. Mentre combattiamo una pandemia che non fa distinzione tra le sue vittime, questi valori ci avvicinano come indicazioni per la nostra vita religiosa”.

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