Danimarca: prevenzione della criminalità, “tutti devono avere la possibilità di lasciarsi alle spalle la colpa e tornare nella società”

Nel 2018, un totale di 4.746 persone sono state incarcerate in una prigione danese. Il 35% di coloro che scontano la pena in prigione, commette nuovi crimini entro due anni dal rilascio. “È un problema sociale per il quale dovremmo essere in grado di fare qualcosa”. Un articolato documento della rete delle Chiese danesi Resam, Religione e società, pubblicato oggi, affronta il tema della “prevenzione della criminalità”, inteso come “processo che inizia molto prima che qualcuno entri in carcere e si estende nel tempo successivo alla reclusione e che coinvolge la comunità circostante”. Il documento muove dall’analisi di concetti di fondo quali “punizione” nei testi sacri dell’ebraismo, cristianesimo e islam, per poi riflettere sul tema del perdono e della giustizia, nella prospettiva della vittima e del colpevole. Si dice, per esempio, che “il processo legale deve essere parte di un processo di liberazione per entrambe le parti” e che “crediamo che tutti gli esseri umani siano creati con uguale dignità” e quindi “tutti devono avere la possibilità di lasciarsi alle spalle la colpa e tornare nella società”. Un elemento importante è in questo la presenza di riferimenti spirituali nelle carceri perché “la religione può per alcuni essere una via d’uscita dal crimine”. E la società danese lo riconosce, poiché prevede la presenza di “cappellani in tutte le carceri”.
Si evidenzia però che “dato il gran numero di prigionieri musulmani, dovrebbero esserci più imam nelle carceri del Paese”, ma anche pastori delle Chiese libere. Oltre ad alcune indicazioni precise rispetto alle procedure giudiziarie e ai comportamenti nelle carceri, si dice anche che “in una società che enfatizza sempre più i curriculum dei cittadini e dove la tecnologia dell’informazione dà alla società una memoria infinita”, occorre considerare la possibilità di “cancellare le trasgressioni dalla memoria collettiva dopo un tempo ragionevole, per non diventare una società spietata”. Si chiedono anche “più fondi” per coloro e quelle iniziative che aiutano gli ex detenuti a reinserirsi nella società. Non si contesta la giustizia, termina il documento, ma si vuole contribuire con suggerimenti per trovare soluzioni: “Siamo dalla parte della vittima, ma custodiamo la speranza per l’autore” del reato.

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