Migranti e rifugiati: mons. Russo (Cei), “fare emergere tanti ‘nuovi europei’ dalla condizione di invisibili”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“Fare emergere tanti stranieri, ‘nuovi europei’, dalla condizione di invisibili, valorizzando il loro lavoro e la loro presenza, preziosa per l’Italia e per loro stessi”. Lo ha chiesto il segretario generale della Cei, mons. Stefano Russo, durante la veglia di preghiera “Morire di speranza” svoltasi questa sera a Roma, nella Basilica di Santa Maria in Trastevere. Veglia in memoria “di quanti perdono la vita nei viaggi verso l’Europa”. Mons. Russo ha rivolto un pensiero “a chi è costretto nei campi profughi sovraffollati, a chi non vede alcuna via di uscita”, ai “Rohingya, al campo di Moira a Lesbo, già Europa, a chi si accalca alle sue frontiere, a Tapachula, di fronte al confine con il Messico, ai siriani, nei campi libanesi”. Tutti “luoghi di dolore – ha ricordato mons. Russo – dove, più di prima, mancano cibo, vestiti, tende, cure sanitarie. Il lockdown inasprisce condizioni già invivibili, con uomini, donne e bambini impossibilitati al distanziamento fisico e senza accesso all’acqua per lavarsi, con il terrore di essere sterminati dal coronavirus”. “Quante preghiere salgono dai 50 milioni di sfollati interni che popolano i diversi continenti? Quante dai profughi detenuti in Libia, sottoposti a ogni genere di abusi, e da quelli che fuggendo vengono nuovamente respinti?”, sono le domande poste dal segretario generale della Cei che, citando Papa Francesco durante l’Angelus di domenica 14 giugno parlando proprio della situazione in Libia, ha ribadito che “di questo tutti abbiamo responsabilità, nessuno può sentirsi dispensato”. Mons. Russo ha poi voluto ricordare tutti coloro, come “badanti, colf, immigrate e rifugiate”, che “nel tempo della pandemia si sono prese cura degli anziani impedendo che fossero abbandonati alla solitudine e preda del contagio negli Istituti. Sono stati tanti quelli che hanno avuto compassione e hanno portato il loro contributo per sfamare chi era senza casa”. Da qui l’appello a “fare emergere tanti stranieri, ‘nuovi europei’ dalla condizione di invisibili, valorizzando il loro lavoro e la loro presenza, preziosa per l’Italia e per loro stessi”.

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