Epifania: mons. Tomasi (Treviso), “essere profezia e promessa che si realizza, luce che fa diradare la nebbia che avvolge i popoli, riconoscendoci fratelli e sorelle”

(Foto: diocesi di Treviso)

Si è ripetuta ieri in cattedrale a Treviso la bellezza della celebrazione eucaristica solenne nella festa dell’Epifania, animata dalle comunità cattoliche di origine straniera presenti in diocesi di Treviso. Una “messa dei popoli” ricca delle bandiere dei diversi Paesi, dei colorati abiti, delle musiche e dei canti, con le diverse lingue che sono risuonate per le letture e le preghiere dei fedeli.
Il Vangelo, ad esempio, è stato proclamato in lingua ucraina da padre Michail, che ha concelebrato insieme agli altri sacerdoti stranieri che accompagnano le comunità e a diversi sacerdoti trevigiani.
Il vescovo Michele Tomasi, nell’omelia, commentando la pagina del Vangelo di Matteo che narra la visita dei Magi a Betlemme, ha sottolineato che essi provarono una gioia grandissima, la “gioia di una promessa mantenuta. Vedono la luce della stella, vedono un luogo, uno spazio, la casa, il bambino e Maria sua madre”.
“Carissimi, carissime, la storia sta facendo ancora il suo corso, e noi ci troviamo ancora in cammino, accanto ad Erode e ai suoi concittadini della Gerusalemme di allora – ha sottolineato il presule -. Accanto ai Magi che ancora pongono domande, e cercano, e gioiscono per la luce e perché le promesse non sono solamente vuote parole. Ci troviamo ancora, nella storia, a dover scegliere quale sia il nostro movimento, la nostra ricerca, la fonte del nostro timore e della nostra gioia più profonda”. Perché “il nostro mondo – ha ricordato mons. Tomasi – è ancora insanguinato dalla violenza e dalla guerra, è insozzato dalla prepotenza, è ingrigito dal male, dalla sfiducia reciproca, dalla cattiveria che troppo spesso ci fa giudici implacabili delle fragilità degli altri, timorosi perché qualcuno da lontano viene a chiederci dove stia nascendo qualcosa di nuovo nei nostri cuori, nelle nostre società, nelle nostre economie e culture”. Ecco, allora, l’auspicio del vescovo: “Io vorrei tanto che noi qui potessimo essere profezia e promessa che si realizza. Bellezza di suoni, di colori, di voci da tutte le nazioni, luce che fa diradare la nebbia fitta che avvolge i popoli. Anche noi nella casa del Signore e casa del suo popolo, e non nei meccanismi che fanno di tutto per farci sospettare gli uni degli altri, impedendoci di guardarci negli occhi, per conoscerci ed amarci. Davanti al bambino, senza mai dimenticarci che Dio si mette a disposizione dell’umanità intera e di ciascuno di noi senza nessuna riserva: e noi arrivare a Lui come Magi con i nostri doni e non come Erode, con la sua folle paura omicida. E davanti a Maria, la madre che gioisce per i suoi figli che amano il suo Figlio, che vede figli e figlie belli, splendenti, gioiosi, figli che vengono da vicino e da lontano, figlie portate in braccio, insieme accolti come promessa di futuro e di speranza, non come peso da scaricare appena possibile”. E ha concluso: “Signore, fa’ che crediamo alla tua promessa antica e sempre nuova, fa’ che decidiamo di stare dalla parte dei Magi, facci incrociare il tuo sguardo carico di amore per noi, e quello di Maria, la Madre sempre presente ed amata: fa’ che sia il suo lo sguardo che dirada la nebbia, che oscura gli occhi e il cuore, e che il suo sguardo non ci lasci quieti finché non avremo riconosciuto lei Madre, te Fratello, Dio Padre e noi, tutti e ciascuno, fratello e sorella”.

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