Diocesi: mons. Battaglia al Centro NeMO, “oggi ho incrociato tanti occhi che lottano”

“Artigiani di pace, cercatori di un infinito che intercetta i limiti per farne possibilità, costruttori infaticabili di speranza”. In vista della S. Pasqua, queste sono le parole che Mons. Battaglia ha rivolto alla comunità di pazienti neuromuscolari e agli operatori del Centro Clinico NeMO Napoli, presso l’Ospedale Monaldi. La visita di ‘Don Mimmo’ – informa la diocesi – è la testimonianza della presenza della Chiesa di Napoli vicina alla missione dei NeMO, centri specializzati nella presa in carico delle malattie neuromuscolari. Patologie degenerative, che richiedono un’alta complessità assistenziale e che hanno un forte impatto sull’intero sistema di vita della persona e della sua famiglia. La visita di mons. Mimmo Battaglia è anche il racconto di un’amicizia, quella tra il vescovo e Massimo Mauro, che nasce dalle comuni origini calabresi e che continua ancora oggi. Vicepresidente della Fondazione Vialli e Mauro per la Ricerca e lo Sport Onlus, Massimo Mauro dichiara: “E’ una gioia per me accogliere Don Mimmo al Centro NeMO. Il nostro è un legame profondo che ha il sapore e lo spessore della ricerca per quel bene comune che, oggi più che mai, diventa valore essenziale per la nostra società”. “Oggi sono qui per celebrare il senso della speranza”, ha detto mons. Battaglia: “Ed essere con voi per me significa far parte della vostra speranza, che è la vostra capacità di lottare. Oggi ho incrociato tanti occhi che lottano. La speranza è parte dei vostri sguardi ed è quel senso di fiducia che dona concretezza al vostro agire. Molte volte come operatori sanitari dovete fare i conti con la fatica e l’impotenza. Ma l’impotenza è il prezzo da pagare, sapendo che noi non abbiamo perso. È anche quel senso di fedeltà alla cura, è la voce che ci dice che, nonostante tutto, ce l’abbiamo messa tutta. Ed è bello che qui ci sia una presa in carico, non solo nella cura della persona, ma anche della sua anima. E per questo mi sento di dirvi grazie. Ma la cosa più bella me l’avete insegnata voi, ed è lo sguardo come prima forma di cura. Gli occhi che si posano sulla persona, prima delle mani. Lo sguardo che dona la speranza”.

 

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Territori