Settimana sociale: Gatti (Comitato organizzatore), “vogliamo dare spazio concreto ai giovani”

“Abbiamo individuato i principali portatori di interesse: i giovani. A loro vogliamo dare uno spazio concreto, anche nell’organizzazione”. Così Sergio Gatti, vice presidente del Comitato organizzatore della Cei per la 49ª Settimana sociale dei cattolici italiani, prevista a Taranto dal 21 al 24 ottobre, durante il convegno nazionale del Movimento cristiano dei lavoratori che si svolge oggi ad Avezzano. “Ci saranno una ventina di giovani – continua Gatti, descrivendo l’appuntamento in programma – che hanno già iniziato a lavorare con entusiasmo e un metodo, quello della responsabilità, coinvolgente. Li renderemo protagonisti sia sul percorso sia sulla visibilità”. Gatti ha illustrato il lavoro che si sta compiendo per l’evento di Taranto. “La bussola – dice – per costruire un modello di sviluppo più umano è la generatività sociale che ruota intorno al lavoro. Abbiamo fatto audizioni in passato con l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, con il ministro Enrico Giovannini, il presidente del Parlamento europeo David Sassoli. Abbiamo sempre affrontato il discorso del lavoro seguendo il paradigma dell’ecologia integrale perché tutto è connesso, tutto è in relazione. Non possiamo affrontare la crisi economica, la crisi demografica in maniera verticale. A noi spetta la capacità di discernere. Ci accompagnano tre testi in questo cammino: la Laudato si’, la Querida Amazonia, la Fratelli tutti”. Per Gatti, i criteri del modello di sviluppo sono l’autonomia decisionale, la responsabilità personale, l’investimento sulla formazione e la pluralità delle forme oganizzative. “Serve – suggerisce – un investimento sulla consapevolezza, c’è bisogno di ascoltare e comprendere perché i temi sono complessi e riguardano la casa comune. Serve poi un investimento sul capitale sociale e sulle relazioni fra le persone. Inoltre le politiche che favoriscono l’efficientamento energetico non vanno annacquate”. Riguardo alla digitalizzazione, “coloro che scrivono gli algoritmi – conclude – non possono farlo senza paradigmi”.

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