Legalità: Libera, “più di 36.600 immobili confiscati dal 1982 ad oggi, ma ben 5 beni su 10 rimangono ancora da destinare”

“Più di 36.600 beni immobili (particelle catastali) confiscati dal 1982 ad oggi, il 48% sono stati destinati dall’Agenzia nazionale per le finalità istituzionali e sociali, ma ben 5 beni su 10 rimangono ancora da destinare. Il maggior numero di beni immobili confiscati e destinati in Sicilia (6.906), segue Calabria (2.908), Campania (2.747), Puglia (1.535) e Lombardia (1.242). Sono invece 4.384 le aziende confiscate, di queste il 34% è stata già destinata alla vendita o alla liquidazione, all’affitto o alla gestione da parte di cooperative formate dai lavoratori delle stesse; il 66% è in questo momento ancora in gestione presso l’Anbsc (Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, ndr). Anche qui la Sicilia prima tra le regioni per il numero aziende destinate (533), segue Campania (283), Calabria (204) e Lazio (160)”. Questi alcuni dati che Libera presenta nel dossier “Fattiperbene”, con la fotografia del riutilizzo sociale dei beni confiscati in Italia in occasione dei 25 anni dall’approvazione della legge n.109 del 7 marzo 1996.
“A venticinque anni dall’approvazione della legge 109 del 1996 – commenta Libera – è certamente possibile fare un bilancio sul riutilizzo sociale dei beni confiscati in Italia, evidenziando innanzitutto le positività di un percorso e di tante esperienze nate grazie alla presenza di beni – immobili, mobili e aziendali – sottratti alla disponibilità delle mafie, delle varie forme di criminalità economica e finanziaria (dal riciclaggio all’usura, dal caporalato alle ecomafie) e di corruzione. Beni che sono diventati opportunità di impegno responsabile per il bene comune”. Ma “il contributo che il sempre più vasto patrimonio dei beni mobili, immobili e aziendali sequestrati e confiscati alle mafie, alla criminalità economica e ai corrotti può apportare agli sforzi per assicurare una ripresa nel nostro Paese post pandemia, sarebbe sicuramente maggiore se tutti i beni fossero rapidamente restituiti alla collettività e le politiche sociali diventassero una priorità politica a sostegno dei diritti all’abitare, alla salute pubblica, alla sostenibilità ambientale, al lavoro dignitoso e ai percorsi educativi e culturali”.
Sul fronte delle aziende, evidenzia Libera, “la maggior parte delle aziende confiscate giungono nella disponibilità dello Stato prive di reali capacità operative e sono spesso destinate alla liquidazione e chiusura, se non si interviene in modo efficace nelle fasi precedenti. Molte però sono scatole vuote, società cartiere o paravento per le quali risulta impossibile un percorso di emersione e continuità produttiva”. Come nel caso degli immobili, “anche per le aziende confiscate è possibile rintracciare una progressione storica delle destinazioni: è interessante come negli anni dal 2008 al 2019 si sia passati dalle 5 del 2010 alle 441 del 2019”.

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