Istruzione: nata la rete “a difesa dell’art. 34 della Costituzione”. Scuola, servizio essenziale, sia “l’ultimo luogo a chiudere in caso di picco di contagi, non il primo”

È nata oggi “Scuola in presenza”, rete nazionale “a difesa dell’art. 34 della Costituzione” che riunisce oltre 20 comitati e associazioni di genitori, insegnanti e studenti di tutta Italia che già da mesi stanno collaborando e si stanno impegnando a favore della scuola. “A più di un anno dall’inizio della pandemia, le Istituzioni italiane continuano a chiudere le scuole a tappeto come principale soluzione per il contenimento dei contagi”, con “un grave danno in termini di istruzione, ma anche psicologico e sociale a un’intera generazione di studenti a causa del prolungato uso della didattica a distanza (dad) e dell’obbligo innaturale all’isolamento”, si legge nel comunicato che annuncia la nascita della Rete. I circa 40mila aderenti chiedono sostanzialmente tre cose: riconoscere che l’istruzione è un diritto fondamentale ed essenziale che deve pertanto rimanere svincolato dall’automatismo delle “zone a colori” e che “deve essere l’ultimo luogo a chiudere in caso di picco di contagi, non il primo”; rigettare l’uso “prolungato e indiscriminato” della dad come strumento di insegnamento perché “inefficace, svilente per gli insegnanti, discriminatorio per gli studenti e lesivo nei confronti degli alunni con disabilità o difficoltà di apprendimento”. Infine si ricorda “che la tutela della salute della comunità non si esaurisce nella battaglia al Covid-19, ma deve necessariamente includere la difesa della salute psicofisica, oggi gravemente minacciata in bambini e adolescenti”, come dimostra il numero sempre maggiore di studi disponibili al riguardo. Si chiede quindi al governo “un totale cambio di prospettiva” che riconosca come “essenziali per il futuro del Paese” la scuola e i diritti delle nuove generazioni. “Uniti da nord a sud faremo sentire con determinazione la nostra voce di cittadini che credono nei valori della democrazia e della Costituzione”, si legge ancora, “per far in modo che gli studenti italiani possano godere di uguali diritti” e non siano svantaggiati in “formazione e salute nei confronti dei loro coetanei europei”.

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