Coronavirus Covid-19: messa dei vescovi lombardi per le vittime della pandemia. Delpini, “il Signore scaccia i demoni che spingono a silenzio, disperazione e solitudine”

(foto chiesadimilano.it)

“Si aggira sulla nostra terra una specie di inespressa persuasione che la battaglia sia persa”: lo ha affermato mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano, descrivendo i vari “demoni” che minacciano l’umanità, durante l’omelia tenuta alla messa celebrata questa mattina a Caravaggio con tutti i vescovi lombardi per le vittime della pandemia. La celebrazione eucaristica ha preso spunto dall’invito dei presidenti delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) che hanno invitato a pregare durante la Quaresima per le vittime della pandemia (oltre 770mila in tutto il Vecchio continente). “C’è il demone muto, che impone il silenzio, a cui tanti uomini e donne, anche discepoli del Signore Gesù, hanno aperto la porta. E perciò non hanno più parole. Non hanno più parole cristiane”, ha affermato Delpini. “Ma il regno di Dio è giunto a noi e Gesù ha scacciato il demone muto. Perciò ora coloro che il virus ha assalito e ucciso hanno cominciato a parlare e cantano la vittoria di Gesù sul demone muto e proclamano che la morte è stata vinta”.
L’arcivescovo di Milano ha ricordato i morti per Covid in Lombardia: 28.923 persone dall’inizio della pandemia. “Mentre il demone ribelle suggerisce di non ascoltare la voce del Signore, i figli di Dio – ha aggiunto l’arcivescovo – si sono messi in cammino: si è diffusa tra la gente una nuova forma di compassione abitata da una fortezza mite e paziente, una pratica instancabile della dedizione abitata dalla carità”. Delpini ha poi parlato del “demone della divisione e della solitudine: sequestra le persone e si impegna a renderle inaccessibili. Semina la desolazione nel constatare che coloro che amiamo sono irraggiungibili. Quante lacrime hanno accompagnato morti solitarie. Ma il regno di Dio ha consolato i morti che non abbiamo potuto consolare, ha abbracciato i nostri cari che non abbiamo potuto abbracciare, ci ha introdotto in quella comunione che il demone non può spezzare, ci ha radunati nella preghiera che non teme le distanze”. “Questa preghiera, questo canto di speranza, questa professione di fede celebriamo oggi qui – ha concluso – nel santuario della gente semplice, nel santuario che celebra la maternità di Maria”.

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