Adolescenti: Alfieri (Osp. Bambino Gesù), “un milione e mezzo ha una patologia mentale. Serve più attenzione a campanelli d’allarme”

“Occorre prestare più attenzione alla salute mentale di bambini e adolescenti”. Non ha dubbi Paolo Alfieri, neuropsichiatra dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Irccs Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, intervenuto questo pomeriggio al webinar “Gli stili di vita degli adolescenti e la prevenzione nei comportamenti a rischio”, promosso dall’Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei. In Italia, spiega, un milione e mezzo di minori soffre di una patologia mentale, diagnosticata solo nel 20% dei casi. Se il 75% dei disturbi si presenta entro i 25 anni di vita, molti insorgono prima dei 14 anni, in particolare la depressione si manifesta in due casi su tre durante l’infanzia.
Il problema, osserva Alfieri, è che nel nostro Paese “l’accesso alle cure dei disturbi mentali è possibile solo in minima percentuale: nel nostro ospedale vi sono soltanto 8 posti letto; così la maggior parte di questi bambini cresce mantenendo la patologia” che è molto più difficile da trattare in età adulta. Lo psichiatra sottolinea l’importanza che i genitori intercettino in ogni caso i campanelli d’allarme: passività, risvegli precoci o insonnia, riduzione della socialità sono spesso sintomi di depressione che se affrontata precocemente ha buone percentuali di guarigione. In continuo aumento le richieste di consulenze in ospedale: dalle 155 del 2011 alle 900 del 2018. Nel 2020, in gran parte anno della pandemia, prosegue Alfieri, i ricoveri – età media 15 anni – sono stati in gran parte per tentato suicidio, ideazione suicidaria, comportamenti aggressivi o autolesionistici: questi ultimi in forte aumento negli ultimi anni per “nascondere angoscia e senso di vuoto”, spiegano i ragazzi.
Ma anche i genitori vanno aiutati: “Occorre sostenerli e aiutarli a raccogliere i segnali che i figli inviano loro”. Tra i fattori “protettivi” una famiglia sana, capace di offrire calore e affetto ma anche “controllo e supervisione”; la scuola, se c’è “un buon legame con l’insegnante e il gruppo dei pari”. Se la famiglia deve educare a “modulare le emozioni”, la scuola non deve puntare solo sulle competenze, ma anche sull’inclusione e le esperienze di vita.

 

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