Conferenza episcopale siciliana: mons. Raspanti (presidente), “La Chiesa è contro la mafia da sempre”

(Foto CESI)

“La Chiesa è contro la mafia da sempre. Come dimenticare il cardinale Pappalardo che al funerale del generale Dalla Chiesa pronuncia con forza il ‘basta’ suo e della Chiesa tutta: ‘Siamo costretti a piangere continuamente i nostri morti’ disse, e aggiunse ancora un grave ‘Basta!’. Ma le parole accorate di Giovanni Paolo II dalla Valle dei Templi di Agrigento cambiano la prospettiva: il papa non parla più il linguaggio fino ad allora parlato, ma il suo diventa messaggio evangelico. Si rivolge non ai mafiosi o alla mafia, ma alla persona, alla gente, e lo fa con la stessa parola con la quale Gesù inizia la sua predicazione: convertitevi!”. Così mons. Antonino Raspanti, vescovo di Acireale e presidente della Conferenza episcopale siciliana (Cesi), intervenendo ad Agrigento ieri ad una conversazione organizzata dall’Arcidiocesi a trent’anni dalla visita di Giovanni Paolo II nella città siciliana e del suo anatema contro la mafia. Con mons. Raspanti, a dire di come è mutata la mafia e quale sentiero ha percorso la Chiesa da quel giorno, Giuseppe Pignatone, presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano e Caterina Chinnici, magistrato e deputato del parlamento europeo, figlia di Rocco Chinnici, moderati dal vaticanista Fabio Marchese Ragona. “Quella che tutti ricordano come la condanna espressa da Giovanni Paolo II contro la mafia fu in realtà qualcosa di più, fu – ha detto mons. Raspanti – annuncio di condanna e salvezza insieme: tu, figlio di Dio, se continui a comportarti così, andrai incontro ad un giudizio di condanna, ma per te può esserci redenzione e salvezza. E questo fu per i mafiosi una ingerenza gravissima proprio per quel legame con la religione che vantavano”. Il riferimento è ai riti di adesione, ai soprannomi con i quali si è indicato il capo della mafia definito addirittura “il papa”, ma anche le benedizioni e le invocazioni dalla parvenza cattolica delle conversazioni parlate e scritte degli ultimi boss. “Quella mafiosa – ha detto il vescovo – è una religiosità pervertita e perversa. Pervertito è il senso dell’umano”. E ancora: “Dal Papa abbiamo imparato tanto: noi tutti a comportarci da cristiani veri, non collusi, non indifferenti, ma coerenti al Vangelo, e noi uomini di Chiesa ad affrontare la questione come pastori, attraverso la verità del Vangelo e sostenuti dalle indicazioni del magistero”.

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