Infermieri: Fnopi, “Ocse riconosce ruolo chiave infermieri in assistenza, ma sono pochi e pandemia ha aggravato carenze. Italia in coda a classifica”

“Gli infermieri costituiscono la categoria più numerosa di operatori sanitari in quasi tutti i paesi dell’Ue. Il ruolo chiave che svolgono nel fornire assistenza negli ospedali, nelle strutture di assistenza a lungo termine e nella comunità è stato nuovamente evidenziato durante la pandemia Covid-19. Le preesistenti carenze di infermieri sono state aggravate durante i picchi dell’epidemia, in particolare nelle unità di terapia intensiva, ma anche in altre unità ospedaliere e strutture di assistenza a lungo termine”. È quanto si legge nell’ultimo rapporto “Health at a glance 2022”, appena pubblicato dall’Ocse.
Ma gli infermieri mancano, soprattutto in Italia e Spagna. Rispetto alla media Ocse l’Italia ha 2 infermieri ogni mille abitanti in meno, che si tradurrebbe in base alla popolazione Istat a inizio 2022 in una carenza di quasi 118mila infermieri. Ma le differenze tra i sistemi sanitari dei vari paesi consentono di rimodulare e ridurre il fabbisogno e la carenza italiana, come ha evidenziato anche la Corte dei conti nella sua memoria sulla nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef) di inizio novembre, in perfetta analogia con quanto dichiarato dalla Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) è di 65mia unità, tra territorio e ospedale, considerando un rapporto, come indicano gli standard internazionali, di almeno tre infermieri ogni medico, mentre l’Italia si ferma a 1,6, circa la metà.
“In Italia – commenta la presidente Fnopi Barbara Mangiacavalli – abbiamo una professione infermieristica che soffre di un appiattimento organizzativo, formativo e contrattuale: una situazione che non ci possiamo più permettere. C’è bisogno di lavorare su un’evoluzione di questa professione, di formare infermieri specialisti, riconoscerne il ruolo giuridico ed economico”. “Senza tali presupposti – conclude Mangiacavalli – non può esserci una risposta appropriata ai bisogni di salute complessi e non ci può essere realmente un sistema salute degno di questo nome”.

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