Denatalità: Blangiardo (Istat), per invertire la rotta “sperare non basta”. “Servono politiche familiari di sostegno mirate, strutturali, ben disegnate”

“Il contratto sociale degli italiani con il loro Stato non favorisce le nascite. Ma nemmeno il mercato le aiuta”. Per invertire la rotta “sperare non basta”. “Servono politiche familiari di sostegno mirate, strutturali, ben disegnate. Come ce ne sono in altri Paesi europei (la Francia e la Germania, ad esempio), dove il declino demografico è meno severo e l’equilibrio delle nascite migliore”. Lo ha scritto Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat, nell’articolo “Ritrovare speranza di futuro” pubblicato sul numero di novembre di “Vita Pastorale”.
“Il nostro modello di welfare, clamorosamente sbilanciato su una spesa previdenziale che pesa per il 17% del Pil e che resterà su questi livelli fin oltre la metà del secolo, ha tradito una speranza di futuro”, osserva Blangiardo, secondo io “è indubbio che questa condizione di incertezza condiziona molto le scelte riproduttive in un Paese dove il livello di fecondità è pari a 1,24 figli per donna (o più in generale per coppia) e l’indice di dipendenza degli anziani (che misura la quota di popolazione over 65enne rispetto a quella di età compresa tra 15 e 64 anni) è arrivato al 36%”.
Il presidente dell’Istat snocciola dati sul crollo delle nascite, sulla riduzione della fecondità, sulla caduta del numero di residenti per via del contributo del fronte migratorio. “Le più recenti previsioni delle famiglie – prosegue Blangiardo – segnalano come sia previsto un aumento del loro totale, ma con un numero medio di componenti sempre più ridotto. Avremo nel 2040 meno coppie con figli e più unioni senza. A quella stessa data solo una famiglia su quattro sarà composta da una coppia con figli, mentre più di una su cinque non ne avrà”. “In questi anni passati alla presidenza dell’Istat devo confessare – con una certa soddisfazione – che ho visto entrare con sempre più forza la questione demografica nel dibattito nazionale. E questo è un bene. Avere una nuova consapevolezza collettiva delle prospettive che ci aspettano è già un passo in avanti”, sottolinea Blangiardo, rilevando che “vivremo nei prossimi anni in un Paese meno popolato e in un contesto planetario dove, viceversa, la popolazione pare destinata a crescere, sia pure più lentamente che in passato”. “Avere questi riferimenti – conclude – è una responsabilità per tutti noi, da condividere (e da far pesare) con chi avrà il compito di fare le scelte possibili e migliori per un futuro meno cupo e più sostenibile”.

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