Giornata migrante e rifugiato: mons. Mazzocato (Udine), “continuare a trovare le forme possibili e intelligenti di accoglienza”

Serve “una grande conversione di mentalità” che porti a considerare “le persone che entrano nella nostra vita e nel nostro territorio non come degli ‘altri’ a noi estranei, ma come dei fratelli e delle sorelle con i quali costruire un ‘noi’ comunitario, un’unica famiglia in un’unica casa comune. Tra di essi ci sono anche i migranti e i rifugiati che, a causa di tragiche vicende, sono giunti e continuano a giungere in Friuli. Questa Giornata mondiale a loro dedicata ci invita a non dimenticarli e a non considerarli come degli invisibili, ma a continuare a trovare le forme possibili e intelligenti di accoglienza, ognuno per la sua parte”. Lo ha affermato ieri l’arcivescovo di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato, nell’omelia che ha pronunciato ieri in cattedrale durante la messa che ha presieduto per la 107ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato.
Richiamando le parole di Papa Francesco nel messaggio intitolato “Verso un ‘noi’ sempre più grande”, l’arcivescovo ha sottolineato che “la preoccupazione del Papa è giustificata perché esiste il rischio di dimenticare la spinta alla solidarietà che abbiamo avvertito e vissuto nei momenti più critici del contagio del virus. Quella è stata una sofferta lezione di vita da non abbandonare perché traccia una strada maestra su cui continuare a camminare”.
Mons. Mazzocato ha ricordato l’impegno per “accogliere nella Chiesa di Udine i fratelli e le sorelle cattolici che giungono da altri Paesi perché ci sentiamo realmente ‘uno in Cristo’, membra del suo unico Corpo che è la Chiesa”. “Di fronte a questa unità di fede – ha osservato – perdono importanza le differenze di pelle, di razza o di cultura”. Inoltre, ha proseguito, “viviamo un atteggiamento di fraterno dialogo con i fratelli immigrati ortodossi perché, come scrive il Papa, siamo convinti che questo può essere ‘un terreno fecondo per lo sviluppo di un dialogo ecumenico e interreligioso’”. Ma “il nostro dialogo – ha assicurato l’arcivescovo – si apre anche ai migranti e ai rifugiati altre religioni con lo sforzo, da parte nostra, di conoscere le loro tradizioni e con l’invito a loro di comprendere la ricchezza della nostra tradizione cristiana con la sua dottrina, le sue preghiere e i suoi simboli che da secoli professiamo ed esprimiamo”. “Per questa strada – ha concluso – possiamo creare quel ‘noi’ comunitario auspicato da Papa Francesco che non è fatto di piatta uniformità ma che, come egli descrive con felice espressione, è ‘a colori, arricchito dalle diversità e dalle relazioni interculturali’”.

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