Smart working: Eurostat, cresciuto con la pandemia, soprattutto per le donne ma non per i giovani. Italia sotto la media Ue

(Foto SIR/Commissione europea)

Le misure di distanziamento sociale introdotte in risposta alla pandemia Covid-19 hanno costretto molte persone a lavorare da casa. “Nel 2020, il 12,3% degli occupati di età compresa tra 15 e 64 anni nell’Ue lavorava solitamente da casa, sebbene questa quota fosse rimasta costante intorno al 5% negli ultimi dieci anni”. Lo rileva Eurostat con un’indagine pubblicata oggi, in occasione della Giornata mondiale delle telecomunicazioni e della società dell’informazione, che si celebra appunto il 17 maggio. “Negli anni precedenti, la quota di lavoratori autonomi che hanno riferito di lavorare abitualmente da casa è stata costantemente superiore alla quota dei lavoratori dipendenti”, spiega Eurostat. Tuttavia, il divario si è ridotto nel 2020 poiché la quota dei dipendenti che lavorano abitualmente da casa è aumentata dal 3,2% nel 2019 al 10,8%, mentre la quota dei lavoratori autonomi è aumentata in misura minore: dal 19,4% nel 2019 al 22,0% nel 2020. “Ci sono tendenze diverse a seconda dell’età e del sesso dei lavoratori quando si parla di lavoro da casa. Nel 2020, una quota maggiore di donne (13,2%) ha riferito di lavorare abitualmente da casa rispetto agli uomini (11,5%)”. Inoltre, rispetto ad altre fasce di età, nel 2020 i giovani avevano meno probabilità di lavorare da casa: solo il 6,3% di quelli di età compresa tra 15 e 24 anni ha riferito di lavorare abitualmente da casa, rispetto al 13,0% di quelli di età compresa tra 25-49 e il 12,4% di quelli di età compresa tra 50 e 64 anni.
La Finlandia è in cima alla lista degli Stati membri dell’Ue per il lavoro a domicilio, con il 25,1% degli occupati che di solito lavora da casa. La Finlandia è seguita dal Lussemburgo (23,1%) e dall’Irlanda (21,5%). L’Italia si colloca appena sotto la media europea, con 12,2%. Le percentuali più basse di lavoratori in smart working sono state segnalate in Bulgaria (1,2%), Romania (2,5%), Croazia (3,1%) e Ungheria (3,6%).

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