Caso Bose: Enzo Bianchi non si è recato a Cellole. Monastero di Bose, “la mano tesa non è stata accolta”

foto SIR/Marco Calvarese

Enzo Bianchi non si è recato a Cellole nei tempi indicatigli dal Decreto del Delegato pontificio dello scorso 4 gennaio. Il “caso Bose” rimane quindi purtroppo ancora aperto. È il Monastero di Bose ad annunciarlo “con profonda amarezza” oggi sulla sua pagina web con una nota titolata “Una sofferenza infruttuosa”. E aggiunge: “Si trattava di una soluzione messa a punto in questi mesi con l’assenso ribadito per iscritto dallo stesso fr. Enzo e da alcuni fratelli e sorelle disposti a seguirlo per fornirgli tutta l’assistenza necessaria”. Lo scorso 4 febbraio, il delegato pontificio, padre Amedeo Cencini, aveva deciso di cedere a fr. Enzo Bianchi in comodato d’uso gratuito il complesso di immobili di Cellole chiedendogli di trasferirsi lì entro e non oltre martedì 16 febbraio. Tutto era stato predisposto in questi giorni perché il trasferimento avvenisse in modo che “fosse rispettata l’indicazione del Decreto singolare approvato in forma specifica dal Papa che prevedeva per fr. Enzo un allontanamento da Bose e dalle sue Fraternità in osservanza del Decreto”. Inoltre l’uso degli immobili di Cellole era stato dato a fr. Enzo proprio perché potesse “andare a vivere in un luogo da lui amato, alla cui ristrutturazione aveva contribuito attivamente”, spiega il Monastero di Bose. Ciò però ad oggi ancora non è avvenuto. Il Monastero di Bose ricorda che “lo spostamento di fr. Enzo a Cellole avrebbe contribuito ad allentare la tensione e la sofferenza di tutti e avrebbe facilitato il lento cammino di riconciliazione e comprensione reciproca”. “Per attuare tutto questo, da una settimana i fratelli già presenti a Cellole si sono spostati a Bose e altri due, tra quanti avevano dato la propria disponibilità, si sono recati a Cellole per predisporre al meglio l’arrivo di fr. Enzo”. “Purtroppo – scrive ancora il Monastero – la mano tesa non è stata accolta e ora la Comunità dovrà anche affrontare l’impegnativo onere di far ripartire la Fraternità di Cellole, poiché la sua chiusura avrebbe prodotto piena efficacia solo a partire dall’arrivo di fr. Enzo alla Pieve. La presenza di Bose in quel luogo, infatti, è un impegno nei confronti della Diocesi e una responsabilità morale verso le tante persone che là avevano trovato un alimento per la loro vita spirituale e umana. Impegno e responsabilità che sono stati abbondantemente ricompensati dal grande dono dell’amicizia e della comunione fraterna. Mentre ringraziamo la Santa Sede per come ci sta accompagnando e confermando, affidiamo ancora una volta il nostro cammino alle preghiere di amici e ospiti”.

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