Adozioni internazionali: al via un progetto che mette in rete 11 enti autorizzati. Vaggi (Nova), “previsti incontri individuali e gruppi di confronto per ragazzi e genitori”

“Sia chiaro, non abbiamo inventato niente. La struttura del progetto è piuttosto semplice: prevediamo incontri individuali, di coppia, con bambini e ragazzi adottati. Ma anche gruppi di ragazzi o gruppi di genitori. Oppure possiamo dare una consulenza nel caso di viaggi nel Paese d’origine. Tutte cose che finora avremmo voluto fare, ma da soli non ci riuscivamo”. Lo afferma Massimo Vaggi, presidente di Nova, ente autorizzato per le adozioni internazionali, nel presentare al Sir il progetto per il “post adozione” realizzato dagli 11 enti autorizzati riuniti nel coordinamento “Oltre l’adozione”. Il progetto, che si propone di offrire copertura su tutto il territorio nazionale, specificano i promotori, intende operare in sinergia con le associazioni di genitori adottivi che già esistono e promuovono momenti di formazione e confronto. Inoltre, l’iniziativa è stata presentata alla Commissione per le adozioni internazionali (Cai), che ha espresso il suo apprezzamento.
Ci sono problematiche che spesso ricorrono, spiega al Sir Veronica Bonfardini, supervisor del progetto: “Le origini, i legami, la doppia appartenenza. Ma spesso è necessario aiutare mamme e papà adottivi a riconoscere che alcuni processi sono tipici di qualsiasi genitorialità. È anche importante sottolineare che la competenza specifica, in questo campo, è importante”.
L’attenzione al “post adozione” e ai ragazzi grandi rappresentano anche un segno forte per quelle famiglie che, nonostante tutto, desiderano adottare: sono ben 3mila attualmente le coppie in carico al sistema ed è quindi fondamentale che la “macchina” riparta, sottolinea Pietro Ardizzi, referente del coordinamento. “Ma va sciolto un equivoco di fondo – aggiunge Vaggi -. Il sistema italiano continua a creare coppie idonee ad adottare bambini che non esistono. Certo, che ci sono nel mondo tanti bambini in abbandono, ma oggi il bambino di 5 anni da dare in adozione non c’è quasi più, l’età si è innalzata. Bisogna adeguare la ‘disponibilità’ alla situazione internazionale”.

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