Giornata del malato: mons. Battaglia (Napoli), “ogni rinascita riparte dalla fatica del deserto”

(Foto di repertorio)

La propria vicinanza nel dolore e una “carezza del Signore” a tutti gli ammalati: le offre il nuovo arcivescovo di Napoli, mons. Mimmo Battaglia, in una lettera per la Giornata mondiale di oggi, visto che ha dovuto annullare tutti gli appuntamenti essendo egli stesso positivo al Covid-19. “Questo tempo, che mi costringe a fermarmi, sembra essere una benedizione – osserva il presule -. È un battesimo nuovo, quello che ricevo in questo deserto. Battezzato, immerso. Sono battezzato, siamo battezzati: non è solo ricordo di un rito, ma è segno di rinascita. Rinascere. Sempre. Rinati a nuova vita, in Cristo. Per Cristo. E ogni rinascita, ogni nuovo inizio, nella fede, riparte dal deserto, dalla fatica del deserto. Come per il popolo, come per Gesù”.
“Immerso, immersi in questo deserto. Più volte, in questi giorni, mi sono soffermato sul senso di questo immergerci nella storia, nella quotidianità… come Gesù, capace di entrare senza paura, con coraggio, nella storia, nelle ferite di chi incontra – aggiunge mons. Battaglia -. Ed è capace di cura proprio perché si immerge. Immergerci nella storia, nella nostra storia, quella complessa, a tratti contraddittoria, che noi viviamo e sperimentiamo sulla nostra pelle. Immergerci nelle piaghe sofferenti di questa terra, senza paura. Immergerci nella sofferenza silenziosa, di chi vive da solo, anche il dramma della pandemia. È il senso del nostro battesimo, che oggi con urgenza si rinnova! Immersi per rinascere! Immersi, per essere e dare speranza! Immersi, nel silenzio del deserto, per condividere insieme il dolore che attraversa la vita, che tocca il mondo”.
Ed “è nel deserto, anche quello più duro, che tutti possiamo sentire quella voce che ci ama, ci benedice, ci rende e ci fa sentire figli. Voce che parla al cuore. Troppo spesso, corriamo il rischio che il nostro fare, il nostro pensare, il nostro essere nella e per la Chiesa diventi una vetrina che mette al centro noi e non il Signore. Troppo spesso, permettiamo che i riflettori siano puntati su di noi. E, allora, questo tempo in cui sono costretto a fermarmi mi invita a ripetere a me stesso e a questa Chiesa, che al centro di tutto, non c’è il vescovo con le sue opere, non ci sono i programmi perfetti, non ci sono gli schemi rigidi che ci ingabbiano… Al cuore di tutto, nel cuore di tutti, c’è e ci deve essere solo il Cristo. È Lui, solo Lui, il centro!”.

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