Fine vita: don Piccinonna (Op. SS. Cosma e Damiano), “in hospice la prima parola al malato è: non sei solo”

“La dimensione trascendente è essenziale e costitutiva in ogni ospite dell’hospice, perché appartiene alla persona umana”. Non ha dubbi don Vito Piccinonna, presidente della Fondazione “Opera Santi Medici Cosma e Damiano – Bitonto – Onlus”. Intervenendo alla presentazione online del documento Cei “Alla sera della vita. Riflessioni sulla fase terminale della vita terrena”, spiega che “solo un lavoro sinergico e condotto con grande umanità può essere una risposta adeguata alle persone giunte alla fine della vita terrena”. L’Hospice-centro di cure palliative Aurelio Marena accoglie 30 malati; altri vengono seguiti in assistenza domiciliare e per “chi sta vivendo la fine della propria vita terrena” la prima parola è: “non sei solo”, e così anche per i familiari: “non siete soli”. “Quando la malattia irrompe nella vita, si scopre drammaticamente di non bastare a se stessi e inizia un cammino alla ricerca delle risorse con cui si vorrebbe fronteggiare un evento inatteso – spiega il sacerdote -. La prima risorsa è proprio l’accompagnamento all’interno del quale c’è posto per la domanda religiosa, che non attiene solo al compito dell’accompagnatore spirituale, ma di tutta l’équipe. La dimensione trascendente è essenziale e costitutiva in tutti gli ospiti, non solo in quelli cattolici, perché appartiene alla persona umana nella quale, fragile e disarmata”, si fa strada “una domanda di senso”. Condividendo la propria esperienza, don Piccinonna sottolinea “la bellezza di farsi prossimi al malato e alla sua famiglia come comunità sanante”. Con l’atteggiamento di Mosè, chiamato a togliersi i sandali davanti al roveto ardente “perché quello è uno spazio sacro, una storia sacra”. Di qui “l’ascolto di domande, inquietudini ed anche di tutta la rabbia che la persona sperimenta in quel momento” Attenzione, il monito del sacerdote, ad evitare “atteggiamenti sbrigativi o parole retoriche inutili che possono irritare la persona malata”. “Per tutti noi – conclude – è sempre una carezza sapere che le tante famiglie che hanno perso un loro caro in hospice ricordano questa realtà anzitutto per l’amorevolezza con cui questa persona ha vissuto l’ultimo periodo della sua esistenza terrena”.

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