America Latina: Barcena (Cepal), “Con pandemia 230 milioni di poveri”. Nobre (Nobel Pace), “Amazzonia a rischio savanizzazione e incubatore di nuovi virus”

“Superare il disinteresse per il bene comune causato da alcune politiche del neo-liberalismo”. Lo ha chiesto Alicia Bárcena, segretaria esecutiva della Cepal (Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi, nata in seno all’Onu), in occasione del seminario virtuale “America Latina: Chiesa, Papa Francesco e scenari della pandemia, che si tiene oggi e domani (dalle 16 alle 18), su iniziativa della Pontificia Commissione per l’America Latina (Cal), della Pontificia Accademia delle scienze sociali (Pass) e del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam). La segretaria esecutiva ha messo in evidenza la leadership di Papa Francesco nell’area e ha definito la recente enciclica Fratelli tutti “profonda e necessaria”. E ha aggiunto: “Quella sociale e quella sanitaria non sono due crisi separate, la crisi è una sola”. A dimostrarlo alcune cifre raccolte dalla Cepal, a partire dalla constatazione che “l’America Latina sta vivendo la peggior crisi economica degli ultimi cento anni”. Il calo del Pil, a livello continentale, sarà quest’anno del 9,1%, la contrazione del commercio regionale del 14%, di quello internazionale dell’11%. Il turismo è praticamente azzerato, anche nei Caraibi, i lavoratori informali e precari rappresentano il 54% del totale nel continente, addirittura il 67% in Perù, il Paese che ha tale primato. La mancanza di accesso alla salute è generalizzata, 40 milioni di abitazioni non sono connesse a internet e anche per questo il 46% dei bambini tra i 5 e i 12 anni non ha avuto in questi mesi possibilità di accesso all’istruzione. Si stima che in America Latina i poveri siano 230 milioni, il 37% e che 96 milioni non riescano ad avere un nutrimento di base. Le donne, in tale contesto, “sono le più penalizzate”. Tra le proposte della Cepal il prolungamento di altri sei mesi, da parte dei Governi, di un reddito di sussistenza, l’ampliamento dei crediti alle micro e alle medie imprese, politiche fiscali e monetarie espansive, nell’ottica più ampia di “un cambiamento di direzione”, così come chiesto dalla gente scesa in piazza recentemente in molti Paesi.

Subito dopo ha preso la parola il premio Nobel per la Pace 2007 Carlos Afonso Nobre, scienziato brasiliano, che ha affrontato il tema dell’Amazzonia da due versanti. In primo luogo, ha documentato come il processo di “savanizzazione”, causato da riscaldamento globale, inquinamento, deforestazione e incendi spesso dolosi, sia ormai quasi irreversibile, con la prospettiva, se si prosegue con l’attuale tendenza, che nel 2050 tra il 50% e il 70% della foresta vada perduto per sempre. In secondo luogo, lo studioso ha accennato a una serie di virus conosciuti dagli scienziati, ma sconosciuti ai più, nati in Amazzonia, che potrebbero diffondersi in modo allarmante. Si va dalle febbri Oropouche, Tacaiuma Mayaro e Mucambo, fino alla febbre emorragica del Chapare, che si sta diffondendo in Bolivia e ha finora provocato tre decessi, destinati ad aumentare, vista l’alta letalità del morbo, di tipologia simile all’Ebola.

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