Processo in Vaticano: interrogatorio di mons. Radice. Prossima udienza il 4 febbraio

È durata circa due ore, dalle 14.12 alle 16.21 – con una pausa di circa 12 minuti – la terza udienza per il processo di abusi nel Preseminario San Pio X, durante la quale si è costituita la difesa del Preseminario e dell’Opera don Folci. È stato interrogato mons. Enrico Radice, perché l’altro imputato, don Gabriele Martinelli, era assente in quanto si trova in Lombardia, zona rossa, e perché lavora in una Rsa. I due sacerdoti sono accusati rispettivamente di abusi e favoreggiamento ai danni di un giovane ospite del preseminario Pio X. La prossima udienza, per l’’interrogatorio a Martinelli – hanno riferito i giornalisti ammessi all’udienza di questo pomeriggio – è in calendario il 4 febbraio alle 9.30. Mons. Radice ha ribadito che non sapeva niente e che L.G., la vittima, e l’amico-testimone K. avevano agito agiscono per “interessi economici”. Ha inoltre riferito che il vescovo di Como, Diego Coletti, e il card. Angelo Comastri “decisero di chiudere la vicenda, anche dopo averlo sentito, perché non si erano riscontrati elementi concreti”. Ad un certo punto, Radice ha citato  cita anche il teologo don Luigi Maria Epicopo, legato alla vittima L.G. L’udienza si è aperta con la richiesta dell’avvocato del Preseminario e dell’Opera don Folci, Emanuela Bellardini, di “un termine a difesa”, perché “ho avuto copia del fascicolo solo questa mattina”, ha dichiarato. Era presente anche don Angelo Magistrelli, che rappresenta i due enti. Il presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, non ha concesso il rinvio perché il ritardo è dipeso dalla nomina tardiva da parte degli enti, e non dal Tribunale, ma di fatto  ha detto all’avvocato che avrà tempo di esercitare la sua difesa nella prossima udienza.

L’interrogatorio di mons. Radice è cominciato dalla lettura dei due interrogatori resi al Promotore di Giustizia (6 settembre 2018) e al delegato del vescovo di Como (24 febbraio 2018). “I giovani al Preseminario erano sereni e tranquilli”, ha detto Radice: “Sin dall’inizio, 2009-2010, L.G. e K. condividevano la stessa stanza. L.G. aveva un’intelligenza vivace ed era molto dedito agli studi. K. veniva dalla Polonia, aveva una scarsa conoscenza dell’italiano, era chiuso, si estraniava. Martinelli era solare, gioioso, in buoni rapporti con tutti. Con il tempo L.G è diventato saccente, presuntuoso. Aveva una predilezione per il rito della Messa antica e si era per questo coalizzato con K.”. Nel Preseminario mons. Radice non ha mai visto o sentito parlare di abusi: “Ero sveglio fino alle 23-23.30 per assicurarmi che tutti entrassero nelle loro stanze. Le pareti erano sottili, si poteva sentire tutto. Se qualcuno chiacchierava dicevo, dopo una certa ora, di fare silenzio. Se vedevo la luce del cellulare, dalla finestra sopra la porta, dicevo di spegnere”. “Nessuno mi ha mai riferito di abusi, né gli studenti, né gli insegnanti, né i genitori”. La testimonianza di K. “è una vendetta da lui perpetrata per essere stato allontanato dal Preseminario ma era stato allontanato per insubordinazione e perché non prendeva parte alla vita comunitaria”. Ad un certo punto K., da poco maggiorenne, è scappato dal seminario per andare a Treviso a casa di G., uno studente che aveva lasciato il Preseminario. “Aveva un esagerato desiderio di vederlo”, ha affermato Radice.  “Martinelli non è mai stato un prefetto nel Seminario, aveva solo una responsabilità, quattro anni dopo il suo arrivo, nell’organizzazione del servizio liturgico ma le decisioni erano mie”, ha precisato: “Era una ‘piccola gerarchia’ che si tramandava nel tempo. Martinelli era un leader, aveva la stoffa del leader, l’ho visto crescere, compiva bene ogni dovere. Gli si dava fiducia ma non potere o responsabilità”.

Dai resoconti di quegli interrogatori emerge anche una affermazione della vittima L.G.: “Nel 2009-2010 trovai il coraggio di parlare con Radice. Mi rispose in maniera aggressiva e fui emarginato. Continuai a subire abusi. Non sono stato l’unico a subire abusi e a parlare con Radice”. Mons. Radice prima aveva ribadito che “mai” L.G aveva parlato con lui; successivamente ha detto invece che L.G. aveva parlato di “fastidi” subiti da Martinelli ma “mai mi parlò di abusi sessuali”. “C’erano screzi e scherzi come in tutte le comunità di ragazzi”. Quanto alla lettera falsa firmata dal vescovo di Como Coletti dove si indicava che due seminaristi, uno dei quali era Martinelli, potevano passare, in vista della loro ordinazione diaconale, alla diocesi di Como, Radice ha spiegato: “All’epoca ero assistente del vescovo. Venne l’idea che i due seminaristi potessero venire per l’ultimo anno al seminario di Como. Il vescovo mi disse: mettilo per iscritto. Io ho fatto la lettera, lui l’ha firmata. Io non ho fatto nessun falso. Poi la lettera fu annullata dal vescovo perché non ha ritenuto di dare seguito a questa possibilità”. La difesa di Radice ha consegnato a Pignatone copia di quella lettera. Radice ha citato anche don Luigi Maria Epicopo (che conosce la vittima L.G.) per “un progetto di unire al Preseminario anche gli universitari in discernimento vocazionale”. Del progetto non si è fatto nulla e Radice ha detto che Epicopo e gli altri sacerdoti che fecero quella proposta “erano gelosi della direzione del Preseminario e volevano assumere loro la direzione”. Radice ha parlato, infine,  dei rapporti con gli altri confratelli sacerdoti che avevano responsabilità varie nel preseminario: “Non è che andassimo sempre d’accordo, c’erano punti di vista diversi ma non contrasti esagerati. Glia attriti si risolvevano”. Quattro di questi sacerdoti, invece, avevano scritto al vescovo Coletti e a Comastri per lamentare il clima difficile nel Preseminario.

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