Guerra in Tigray: “Amici di Adwa”, missione salesiana e ospedale sempre più soli nell’aiuto alla popolazione

Msf all'opera nell'ospedale salesiano di Adwa

L’associazione “Amici di Adwa”, unitamente alla missione salesiana che sostiene ad Adwa, esprime “grande solidarietà e cordoglio per l’uccisione impunita dei tre operatori umanitari di Medici senza frontiere in Tigray. María, Tedros e Yohannes, i nomi dei tre, avevano portato all’ospedale di Adwa, in questi mesi di conflitto, aiuti fondamentali per l’assistenza a migliaia di feriti, malati, partorienti locali e sfollati dal confine nord. Ora che non potranno più consegnare in Missione i fili da sutura, gli antibiotici o le bombole, le suore ed i medici di Adwa sono ancora più disarmati e soli”. A seguito di questo grave ma non isolato episodio, Msf si è vista costretta a sospendere temporaneamente le attività nel Tigray centrale e orientale finché non verranno chiarite le dinamiche dell’incidente. In Tigray, regione settentrionale dell’Etiopia, come è noto, è in corso una guerra civile tra l’esercito federale etiope e le milizie legate al Fronte di liberazione del Tigray (Tplf), cominciata a novembre 2020. L’associazione “Amici di Adwa” denuncia, in un comunicato, “l’assenza di condizioni necessarie per consentire attività umanitarie”. In questo quadro, l’ospedale Kidane Mehret (conosciuto in loco anche come “Don Bosco”) di Adwa, costruito all’interno della missione salesiana grazie ai fondi raccolti da Amici di Adwa tra donatori italiani, gruppi e fondazioni internazionali e con un importante contributo 8×1000 della Cei, “si sta rivelando un presidio fondamentale in un territorio dove solo il 13% delle strutture sanitarie è rimasto funzionante. Nonostante allo scoppio del conflitto fosse attiva solo la prima ala dell’ospedale, grazie alla collaborazione con Msf, Croce Rossa, Unicef e tanti sanitari volontari locali, è stato attivato in emergenza il reparto di ostetricia e potenziati il pronto soccorso e la chirurgia.

Le periodiche forniture di medicine, ossigeno, aiuti alimentari per combattere la denutrizione avevano permesso finora di salvare migliaia di vite, assistere i parti di quasi 2.500 bambini in 8 mesi, ma anche arrendersi impotenti a tante morti per mancanza di presidi, strumentazione per la terapia intensiva e tanto altro”. A ciò si deve aggiungere anche “il sovraffollamento di decine di migliaia di profughi ad Adwa ed Axum, la mancanza di acqua potabile, le condizioni igieniche precarie, la malnutrizione che stanno alimentando inoltre epidemie di colera, oltre che la diffusione del Covid-19. La distruzione dei raccolti e delle scorte di cibo da parte di milizie straniere e l’impossibilità di coltivare hanno portato rapidamente oltre 5 milioni di tigrini in situazione di insicurezza alimentare acuta”. Dall’Etiopia, la fondatrice della missione di Adwa, suor Laura Girotto, non riesce a fare arrivare in tempo reale il suo grido di aiuto: “le telecomunicazioni restano interrotte, il carburante per i generatori sta finendo, il cibo autoprodotto all’interno della missione col progetto agricolo non basta per tutti i ricoverati. In ospedale si trovano spesso davanti al terribile dilemma di dover scegliere chi curare e chi no. Abbiamo bimbi che arrivano disidratati come foglioline secche. Impossibile metterli sotto flebo, il sistema circolatorio è crollato. È un genocidio e noi siamo testimoni oculari: siate voi la nostra voce!”. Un grido di aiuto rilanciato dall’associazione “Amici di Adwa” che rinnova l’appello: “Facciamo arrivare la nostra solidarietà e facciamoci sentire affinché la comunità internazionale metta fine a questa grave crisi”. Per donare: dona.amicidiadwa.org

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