Solidarietà: Fondazione Arché, sono quasi 5000 le persone affiancate nell’anno della pandemia

“Fraternità e diversità”. Sono i due valori che, sulla scorta dell’enciclica “Fratelli Tutti” e della Costituzione italiana, guidano gli sforzi e l’impegno di Fondazione Arché che, proprio quest’anno, festeggia il suo trentesimo anniversario. A scriverlo è il suo presidente e fondatore, p. Giuseppe Bettoni, nell’introduzione del Bilancio sociale 2020, appena pubblicato.
Sulla copertina la riproduzione della fotografia di alcuni operatori e operatrici di Arché di fronte al colorato murale che riveste la parete esterna della Corte di Quarto, l’edificio inaugurato nel dicembre 2019. Ed entrato pienamente in funzione nel marzo 2020, nel pieno dell’emergenza sanitaria. In totale, “nei suoi soli primi 9 mesi di vita, i 14 appartamenti della Corte di Quarto hanno accolto altrettante famiglie, 18 adulti e 11 minori, permettendo un miglioramento complessivo delle loro condizioni socio-economiche, formative e lavorative”. Nonostante tutte le difficoltà imposte dalla pandemia, “anche le comunità mamma-bambino, Casa Carla e Casa Adriana a Milano, hanno continuato la loro attività durante tutto il 2020, accogliendo rispettivamente 14 bambini e 11 mamme e 25 minori e 16 madri. Le persone accolte nelle comunità e negli appartamenti della Corte di Quarto sono solo una piccola parte dei beneficiari e delle beneficiarie dei quarantotto progetti promossi nelle otto aree di intervento di Arché: nelle tre diverse sedi di Arché, infatti, sono state 4.750 le persone, 1.726 minori e 3.024 adulti, affiancate durante lo scorso anno”.
Un periodo contraddistinto dall’emergenza Covid-19 che, sin dal marzo 2020, ha condizionato anche l’agire di Arché. “Questo Bilancio sociale racconta un anno difficile in cui, nonostante tutti gli ostacoli, Arché ha continuato le sue attività a fianco delle persone più in difficoltà. E ciò è stato possibile perché tutti, dagli operatori ai volontari, passando per sostenitori e amici, non si sono tirati indietro e si sono sentiti responsabili dell’altro, anche dei fratelli e delle sorelle più in difficoltà”, dice p. Giuseppe Bettoni. “Ecco, proprio questo sentirsi parte di una stessa comunità, di una stessa grande famiglia, è la premessa di un futuro migliore, di un’umanità dal volto nuovo”, conclude.

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