Polonia: il sostegno ai perseguitati della Shoah “fu universale sebbene non di massa”

Quasi 7.300 (7.232 a gennaio del 2022) sono stati i polacchi, onorati dallo Yad Vashem di Gerusalemme come Giusti fra le Nazioni, che – rischiando la vita propria e quella dei famigliari – hanno aiutato gli ebrei negli anni 1940-1945 durante l’occupazione della Polonia da parte del Terzo Reich. Fra questi ci sono i nove membri della famiglia Ulma che verranno beatificati come martiri domenica prossima nel piccolo villaggio di Markowa, ad appena 200 chilometri da Cracovia. Nonostante il numero dei “Giusti” in Polonia sia il più alto in assoluto (in seconda posizione ci sono i 5.982 olandesi, mentre i 766 italiani risultano al decimo posto) ai polacchi spesso viene addebitata la corresponsabilità nell’Olocausto, e non pochi fra ebrei sopravvissuti manifestano la loro delusione e sconforto per il sostegno e l’aiuto mancati.
In vista della beatificazione degli Ulma, qualche mese fa, nell’ambito dei preparativi alla cerimonia religiosa, il presidente Andrzej Duda ha istituito un Comitato speciale per l’organizzazione di tutta una serie di eventi collaterali volti a pubblicizzare nel mondo un’immagine meno stereotipata della Polonia, mostrandone il lato più caritatevole e umano. Oggi, nell’ambito di quelle iniziative, presso il Palazzo presidenziale di Belvedere a Varsavia, si è svolta una conferenza degli storici dell’Istituto della Memoria Nazionale (IPN) dedicata proprio alla questione degli aiuti forniti agli ebrei da parte della popolazione polacca nei territori sottoposti durante la guerra al predominio tedesco. Anche se non è possibile stabilire esattamente il numero di polacchi che – come gli Ulma – hanno aiutato gli ebrei al costo della propria vita, si deve tuttavia affermare che il sostegno ai perseguitati della Shoah nul territorio nazionale “fu universale sebbene non di massa”, ha dichiarato il professor Tomasz Domanski (IPN di Radom). Il professor Sebastian Piatkowski (Ipn di Kielce) ha osservato, invece, che l’analisi dei casi concreti sia molto difficile, in considerazione del grande timore davanti alle leggi imposte dal Terzo Reich il 15 ottobre del 1941, che prevedevano l’immediata uccisione di chiunque avesse cercato di aiutare gli ebrei. Leggi che in Polonia, a differenza di molti altri paesi europei, venivano applicate rigorosamente. E spesso, a causa di morte di tutte le vittime coinvolte, polacchi ed ebrei, numerosi fatti rimarranno per sempre del tutto sconosciuti.
Secondo le stime, i polacchi di origine ebrea trucidati durante la Seconda guerra mondiale furono circa 3 milioni su un totale di 6 milioni di ebrei e altrettanti cittadini polacchi uccisi. Le valutazioni più recenti del Museo della storia di ebrei polacchi Polin a Varsavia e riferibili a tutto il territorio nazionale indicano che i polacchi che al tempo della Shoah prestarono aiuto e sostegno alla popolazione ebraica potrebbero essere tra i 280 mila e 360 mila. Gli studiosi del Polin indicano inoltre che ogni ebreo sopravvissuto all’Olocausto fu costretto a beneficiare dell’assistenza di almeno 2-3 persone e, spesso in più, di appoggio di altre persone ancora impegnate solo nella ricerca dei nascondigli per i perseguitati. Durante la guerra la resistenza antitedesca in Polonia (lo Stato clandestino) istituì delle vere e proprie strutture segrete dedite unicamente a fornire appoggio e protezione alla popolazione ebraica.

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