Colombia: diverse ong italiane denunciano alla Cidh il “razzismo istituzionale” in atto a Bogotá contro i migranti venezuelani

Alcune ong italiane che lavorano direttamente in America Latina da oltre 15 anni – come Cipsi, Osservatorio Selvas, Corporazione Millenia (presieduta dall’ex rappresentante Onu in Colombia, Franco Vincenti), insieme a altre espressioni della società civile colombiana come Scuola viaggiante, Creciendo Unidos, Istituto di pace Ipazde dell’Università Santo Tomas di Bogotá, Osservatorio delle realtà sociali dell’arcidiocesi di Cali – hanno inviato un documento alla magistrata Esmeralda Arosemena de Troitiño, relatrice per i diritti dell’infanzia e adolescenza della Commissione Interamericana dei diritti umani (Cidh), per denunciare quello che definisco “razzismo istituzionale” portato avanti nel Paese, in particolare a Bogotá.
Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani in Colombia, commenta al Sir: “Insieme a ong che da molto tempo operano in Colombia, abbiamo inviato un dossier di 60 pagine alla relatrice del Cidh, che abbiamo incontrato nell’aprile 2019. Va sottolineato che la magistrata ci ha prontamente risposto, ringraziandoci e impegnandosi ad attivare il monitoraggio dell’équipe Cidh il relazione al nostro documento che si riferisce a vari fatti promossi dalla sindaca Claudia López, che hanno favorito xenofobia e razzismo contro migranti venezuelani, calpestando varie raccomandazioni della stessa Cidh”.
Per far capire il clima, Morsolin racconta: “Solo un mese fa, alle 9 di sera, siamo stati oggetto di una grave aggressione a mano armata, da parte di 4 giovani incappucciati, con revolver, che hanno derubato un piccolo supermercato D1 nella zona di Teusaquillo, davanti alla calle 26 (la grande strada che porta all’aeroporto, ndr), dove facciamo assistenza umanitaria per bambini, madri e famiglie migranti venezuelane, e ci hanno intimato di non guardare i rapinatori negli occhi. Sono giovani usati dalle mafie mentre le famiglie migranti venezuelani, con vari piccoli bimbi al seguito, camminavano (totalmente indifesi), depositando il carretto con materiali di riciclaggio, ferro, carta, vetro che riciclano durante la giornata per sopravvivere in un contesto di grave abbandono delle istituzioni municipali e di segregazione infantile. Ricordo bene quegli attimi di terrore, di fronte a un giovane sicario incappucciato, mentre stavo dialogando con una famiglia venezuelana migrante con tre bimbi con sintomi di denutrizione, venuta a piedi nella capitale, impossibilitati ad andare a scuola perché gli istituti pubblici di Santa Fe (zona degradata di prostituzione in pieno centro storico) hanno rifiutato l’iscrizione, violando il diritto universale di poter studiare”.

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