Lavoro: Luzi (Acli Vicenza), “divario retributivo tra uomini e donne è in media del 15% in ambito privato e del 6% in ambito pubblico”

Il lavoro povero è una prerogativa femminile. E lo rappresentano chiaramente i dati, frutto di una recente indagine condotta direttamente dalle Acli su un campione rappresentativo della popolazione. Tra i lavoratori saltuari, infatti, coloro i quali hanno un reddito annuo complessivo fino a 15.000 euro sono il 68,1% tra le donne, percentuale che scende al 51,5% tra gli uomini. Situazione non poi così diversa riguarda i lavoratori stabili: i valori registrati per la medesima fascia di reddito, infatti, sono rispettivamente del 24,6% contro il 7,8%. Il divario con gli uomini, quindi, si conserva sia che si disponga di un lavoro retribuito, sia nel caso opposto. Questi, in estrema sintesi, i dati emersi nel corso dell’incontro sul tema: “La parità di genere nei luoghi di lavoro. Una scelta di civiltà e una opportunità alla luce del PNRR; La situazione vicentina”, nel corso del quale Andrea Luzi, Direttore Generale di Acli Service Vicenza srl, ha esposto un interessante spaccato del mondo del lavoro in rosa. “Nel nostro paese, in media, il divario retributivo tra uomini e donne è in media del 15% in ambito privato e del 6% in ambito pubblico – ha spiegato il direttore Luzi – ma altri paesi sono addirittura messi peggio. Fra tutti la Germania, dove in ambito pubblico si sfiora il 10% e nel privato il 20%. In particolare, nel part-time la differenza retributiva annua è di 3.000 euro lordi, mentre nel full time si arriva a 7.000 euro. Fortunatamente le normative europee stanno intervenendo significativamente nel merito”. Il divario retributivo è profondamente legato ad un divario culturale. “Sul piano del lavoro femminile e maschile – ha evidenziato il direttore Luzi – culturalmente si ritiene che la donna abbia diritto ad una minore retribuzione”. Un altro problema non trascurabile è rappresentato dalla conciliazione tempi di vita/tempi di lavoro, in particolare dal ruolo di “assistenza familiare” che ricade prevalentemente sulle donne. “Una donna che lavora dedica mediamente al tempo di cura familiare non retribuito circa cinque ore al giorno – ha concluso il direttore Luzi – mentre un uomo non arriva ad un’ora e mezza. Con le misure previste dal Pnrr il lavoro diventerà più friendly per le donne. Aumentando l’occupabilità femminile ci guadagnerà il Pil e, di conseguenza, la coesione sociale del paese”.

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