Religiosi: p. Lepori alla Usg, no concezione “archivistica” del carisma, “il rinnovamento non viene da noi ma dallo Spirito Santo”

(Foto USG)

“Spesso vogliamo avere vocazioni senza accettare di generarle. Vogliamo membri delle nostre comunità più per sopravvivere che per trasmettere la vita. È come se non volessimo morire per i nostri figli, perdere la nostra vita per loro. È come se volessimo che le vocazioni vengano a dare la vita a noi, invece che dare noi la vita a loro”. È l’ammonimento di padre Mauro-Giuseppe Lepori, abate generale dell’Ordine Cistercense e vicepresidente dell’Unione superiore generali (Usg), intervenuto oggi alla prima giornata della 99ª assemblea dell’Unione. Per padre Lepori, si tratta di una concezione “archivistica” del carisma, “come se le vocazioni dovessero venire per conservare un museo, un patrimonio, più che per trasmetterlo” ma “a Dio non importa lo spreco dei suoi beni, dell’eredità materiale”: “Ciò che importa a Dio è il dono del suo amore di Padre e che noi torniamo ad attingere da Lui la sua grazia, anche se abbiamo perduto tutto il resto”. “Un rinnovamento inizia dall’umiltà di accettare che a noi non è chiesto di più che di offrire un gesto semplice di fraterna comunione che si apre a Dio. E quando vediamo che il miracolo del carisma si ravviva – ha concluso l’abate -, allora dobbiamo riconoscere che Dio non ci chiedeva nulla di più, e che spesso abbiamo sprecato troppe energie e troppo tempo a pretendere che il rinnovamento dovesse venire da noi e non dallo Spirito Santo”.

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