Pasqua: card. Petrocchi (L’Aquila), “non restare prigionieri di un cristianesimo in letargo. Maturità della fede si misura anche nel modo di gestire i problemi”

Card. Petrocchi (foto SIR/Marco Calvarese)

La Pasqua, oltre che “un invito alla conversione”, è anche “una preziosa opportunità per fare un momento di verità, una valutazione sapiente”, per capire come “la Pasqua di Cristo è diventata la nostra Pasqua”. E un “test evangelico decisivo” sta nell’esaminare “come affrontiamo la sofferenza, quando – in forme minori o aspre – visita le nostre giornate”. Ruota intorno a questa riflessione il messaggio di Pasqua dell’arcivescovo di L’Aquila, card. Giuseppe Petrocchi, diffuso oggi. “Ricordiamo – spiega il porporato – che Dio non ha abolito il male, né ha cancellato il dolore, ma ha inviato il Figlio ad assumerli su di sé e a vincerli. Pur essendo credenti, il rischio è che rimaniamo prigionieri di un ‘cristianesimo in letargo’. La maturità della nostra fede – aggiunge il card. Petrocchi – si misura anche nel nostro modo di gestire i problemi. Se il livello della nostra carità è basso, nell’impatto con le avversità l’umore assume toni cupi che amplificano le reazioni negative, in noi e negli altri. Così facilmente finiamo incagliati nelle secche del nostro egoismo: allora la nostra ‘navigazione’ evangelica si arena nel pessimismo risentito, in cui si agitano l’irritazione graffiante o il rigetto avvilito. Dove la sofferenza è accolta e portata con anima abitata dalla Pasqua, il dolore resta, ma è trasformato in amore”. Per l’arcivescovo “la difficoltà non rallenta o ferma il cammino cristiano della persona, ma lo fa avanzare in modo più spedito nella esperienza della verità e della fedeltà”. Ricordando la sua esperienza di “accompagnamento spirituale” a persone che gli raccontavano che erano comparse sofferenze, il card. Petrocchi consigliava “tre passi” interiori da compiere in successione: “Credere che in ogni sofferenza Dio ha depositato misteriosamente un dono di grazia; affidarsi alla Provvidenza che ci dà la luce per trovare la ‘via d’uscita’ e la forza per portare la croce” e, terzo passo, “con il dolore abbracciato evangelicamente proiettarsi a fare il bene che Dio ci chiede nel momento presente, nella certezza che lo Spirito interviene e ci offre risposte cariche di risurrezione”. Il Padre, infatti, risponde sempre all’“amore-crocifisso” con l’“amore-risorto”: non sappiamo “dove”, “come” e “quando” questo avverrà, ma sappiamo che “l’Onnipotente mantiene le Sue promesse e che la Sua grazia vince il mondo”. E sapendo che “un’alta dose di sofferenze ce la tiriamo addosso a causa degli sbagli che abbiamo fatto” si deve “confidare nella Bontà paterna di Dio, che è più forte della nostra debolezza”. “Quando gli eventi che ci fanno patire partono dagli altri, occorre mettere in campo ‘strategie’ di difesa caratterizzate da fermezza saggia e da misericordia, ispirate agli insegnamenti del Vangelo. Ricordiamo, tuttavia, che anche l’evidenza delle colpe del prossimo non ci autorizza a emettere sentenze implacabili e condanne irreversibili”, sottolinea il cardinale per il quale “la Pasqua dà o restituisce senso al dolore. È nel campo dell’anima che si gioca la partita dell’esistenza. Quando si è in grado di dare valore ‘redentivo’ alle afflizioni, allora cambia tutto ‘dentro’, anche se ‘fuori’ tutto resta lo stesso. L’amore, che sa-soffrire, è anche amore che sa ‘con-patire’: perciò è amore che sa-aiutare quanti attraversano periodi di aridità e di amarezza”. “Stiamo vivendo l’Anno della Misericordia – conclude il messaggio – permettetemi di sottolineare che Gesù oggi viene inchiodato non sul patibolo di legno, ma sulla ‘croce viva’ dei Suoi fratelli scartati, offesi, maltrattati. È su questi volti che la luce della Pasqua ci permette di riconoscere l’immagine del Signore e ci spinge a spenderci generosamente, con sollecitudine samaritana”.
Dalla diocesi, infine, arriva la notizia che l’arcivescovo Petrocchi questa mattina si è recato al carcere delle “Costarelle” dell’Aquila dove ha salutato il direttore del penitenziario, gli agenti della polizia penitenziaria e i detenuti nelle loro celle. Mercoledì santo 5 aprile, il cardinale  incontrerà il direttore generale, la direzione sanitaria e i dipendenti della Asl Avezzano-L’Aquila-Sulmona. Nella visita sarà accompagnato dal cappellano, padre Luciano Antonelli. 

 

 

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