Supplica alla Madonna di Pompei: mons. Caputo (arcivescovo), “qui si intrecciano il Tempio della fede e quello della carità e al centro di tutto c’è il Rosario”

Una folla straordinaria ha gremito piazza Bartolo Longo, a Pompei, dove ieri, dinanzi al sagrato del santuario, si è rinnovata la celebrazione della supplica alla Beata Vergine del Santo Rosario, presieduta da mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei, che ha celebrato prima la santa messa e, a mezzogiorno, ha recitato la preghiera composta, nel 1883, dal beato fondatore Bartolo Longo. Mons. Baturi è stato accolto nella città mariana dall’arcivescovo di Pompei, mons. Tommaso Caputo. “Iniziamo oggi il mese di ottobre, dedicato al Santo Rosario, preghiera antica e sempre nuova, che è il fondamento stesso del nostro santuario. È il Rosario, infatti, che la Vergine indicò a Bartolo Longo come chiave per la salvezza. È il Rosario che lo ha trasformato in apostolo di Cristo e di Maria, sua Madre, e lo ha reso primo evangelizzatore della nuova Pompei”, ha ricordato mons. Caputo.
“Poco più di centocinquanta anni fa, ai primi di ottobre del 1872, il giovane avvocato pugliese giunse in questa Valle per amministrare le proprietà della contessa Marianna Farnararo, vedova De Fusco, che divenne, poi, sua consorte, vera e propria cofondatrice di questo santuario. Egli, aggirandosi tra le campagne desolate della Valle, era preoccupato per la sua salvezza eterna, a causa del passato allontanamento da Dio. La Vergine parlò al suo cuore: ‘Se cerchi salvezza, propaga il Rosario’. Egli decise, dunque, di non muoversi più da Pompei, comprese la sua vocazione e rispose: ‘Io mi salverò, perché, non uscirò da questa terra di Pompei senza aver qui propagato il tuo Rosario’”, ha aggiunto l’arcivescovo di Pompei, rievocando la storia di Longo.
“Chi propaga il Rosario è salvo!”. “Sono le parole che il beato ha messo in pratica in tutta la sua lunga vita e ci sono state di guida nell’Anno giubilare longhiano, che stiamo per concludere, con la consapevolezza di dover far fruttare l’eredità lasciataci dal nostro fondatore – ha affermato mons. Caputo –. Egli ci ha consegnato Pompei come un grande libro aperto con una splendida storia da rivivere e ancora di più da aggiornare. Una storia fondata su due capitoli essenziali, tra loro intrecciati, il Tempio della fede con il flusso continuo di pellegrini e il Tempio della carità con le opere in favore della gioventù in difficoltà e dei poveri. Al centro di tutto: la preghiera del Rosario, di cui, con gli scritti e con l’intera sua opera, in particolare attraverso i Quindici Sabati, ha sviluppato l’anima cristologica e contemplativa”.
Non solo: “La carità gli ha poi suggerito di accogliere gli orfani, i figli e le figlie dei carcerati, e di costruire, attorno al santuario, le opere sociali, quasi una corona di rose che ancora oggi, a distanza di 150 anni, raccontano alla città e al mondo la bellezza dell’amore fraterno. Fondò, con la consorte Marianna, le Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei a ministero del santuario e delle opere di carità.
Sono con noi in piazza i responsabili, i volontari e gli ospiti dei nostri Centri, i religiosi, le religiose, le famiglie, che si spendono per l’accoglienza di neonati, fanciulli, giovani, anziani, ragazze madri, poveri. Attorno al santuario e alle sue opere è sorta questa nuova città, fondata dal beato”. Così mons. Caputo ha presentato a mons. Baturi la realtà di Pompei, “viva e vitale, piccola per territorio, ma senza confini grazie ai milioni di pellegrini provenienti da ogni dove e alla vicinanza con il parco archeologico tra i più famosi nel mondo”.

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