Papa Francesco: risposte ai cinque “dubia” dei cardinali, per benedizioni unioni omosessuali servono “carità pastorale” e “discernimento”, ma “non possono diventare una norma”

Papa Francesco ha risposto a 5 Dubia che gli avevano fatto pervenire nel luglio scorso i cardinali Walter Brandmüller e Raymond Leo Burke con l’appoggio di altri tre cardinali, Juan Sandoval Íñiguez, Robert Sarah e Joseph Zen Ze-kiun, su alcune questioni relative alla interpretazione della Divina Rivelazione, sulla benedizione delle unioni con persone dello stesso sesso, sulla sinodalità come dimensione costitutiva della Chiesa, sulla ordinazione sacerdotale delle donne e sul pentimento come condizione necessaria per l’assoluzione sacramentale. Le domande dei porporati, in italiano, e le risposte del Papa, in spagnolo, sono state pubblicate oggi sul sito del Dicastero per la dottrina della fede. “La Chiesa ha una concezione molto chiara del matrimonio: un’unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna, naturalmente aperta a generare figli. Solo questa unione si può chiamare matrimonio”, precisa il Papa rispondendo al secondo “dubium” dei cardinali, relativo alla benedizione delle coppie omosessuali: “Altre forme di unione lo realizzano solo ‘in modo parziale e analogico’, per cui non possono essere chiamate strettamente ‘matrimonio’”. Per questa ragione, “la Chiesa evita qualsiasi tipo di rito o sacramentale che possa contraddire questa convinzione e far intendere che si riconosca come matrimonio qualcosa che non lo è”, afferma Francesco: tuttavia, “nel rapporto con le persone, non si deve perdere la carità pastorale, che deve permeare tutte le nostre decisioni e atteggiamenti. La difesa della verità oggettiva non è l’unica espressione di questa carità, che è anche fatta di gentilezza, pazienza, comprensione, tenerezza e incoraggiamento. Pertanto, non possiamo essere giudici che solo negano, respingono, escludono”. “La prudenza pastorale deve discernere adeguatamente se ci sono forme di benedizione, richieste da una o più persone, che non trasmettano un concetto errato del matrimonio”, la raccomandazione del Papa: “Perché quando si chiede una benedizione, si sta esprimendo una richiesta di aiuto a Dio, una supplica per poter vivere meglio, una fiducia in un Padre che può aiutarci a vivere meglio”. “Sebbene ci siano situazioni che dal punto di vista oggettivo non sono moralmente accettabili, la stessa carità pastorale ci impone di non trattare semplicemente come ‘peccatori’ altre persone la cui colpa o responsabilità può essere attenuata da vari fattori che influenzano l’imputabilità soggettiva”. “Le decisioni che, in determinate circostanze, possono far parte della prudenza pastorale, non devono necessariamente diventare una norma”, puntualizza Francesco, secondo il quale “non è opportuno che una diocesi, una Conferenza episcopale o qualsiasi altra struttura ecclesiale abiliti costantemente e ufficialmente procedure o riti per ogni tipo di questione, poiché tutto ‘ciò che fa parte di un discernimento pratico davanti ad una situazione particolare non può essere elevato al livello di una norma’, perché questo ‘darebbe luogo a una casuistica insopportabile’ (Amoris laetitia 304). Il Diritto canonico non deve né può coprire tutto, e nemmeno le Conferenze episcopali con i loro documenti e protocolli variati dovrebbero pretenderlo, poiché la vita della Chiesa scorre attraverso molti canali oltre a quelli normativi”.

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