Perù: continuano gli scontri, vittime salgono a 62. I vescovi del Sud andino e l’arcivescovo di Lima fanno eco all’appello del Papa. Ue condanna “uso sproporzionato della forza da parte della polizia”

(Foto ANSA/SIR)

Nuove vittime hanno segnato le proteste e gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine in Perù, nel fine settimana. Il numero di morti, a oltre un mese dall’inizio delle proteste, è arrivato a 62. Nella capitale Lima le città è quasi paralizzata da quattro giorni, per le massicce manifestazioni. Duecento giovani (la maggior parte dei quali è stata poi liberata) sono stati arrestati dopo che avevano occupato l’Università di San Marcos. L’episodio ha suscitato numerose polemiche. Nel resto del Paese, soprattutto nel sud andino, proseguono proteste, blocchi stradali, incendi e devastazioni.
“Le proteste sociali pacifiche che rispettano lo stato di diritto sono legittime in una società democratica. L’Ue ribadisce la propria condanna dei numerosi atti di violenza e dell’uso sproporzionato della forza da parte degli organi di sicurezza”, ha dichiarato in un comunicato il portavoce dell’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri, Josep Borrell. La Corte interamericana per i diritti umani (Cidh) ha presentato un’informativa al Consiglio permanente dell’Unione degli Stati americani (Osa), riunita a Washington. La stessa Cidh chiede che l’intervento delle forze di polizia per mantenere l’ordine pubblico “avvenga nel rispetto degli standard interamericani di legalità, necessità e proporzionalità”.
A livello ecclesiale, vescovi delle diocesi e giurisdizioni del Sud andino (Puno, Sicuani, Juli, Ayaviri e Huancané) hanno poco fa diffuso una nota in cui fanno eco alla richiesta di Papa Francesco, risuonata ieri all’Angelus, di cessare con la violenza, “da dovunque venga”. E rivolgono un appello al Congresso della Repubblica perché “possa dare una soluzione immediata alla richiesta dei nostri fratelli e sorelle, e impedire ulteriori avvenimenti che possano portare a perdite di vite umane”. Al tempo stesso, fanno appello a “evitare ferimenti, aggressioni a edifici pubblici e privati”. Al tempo stesso, “siamo coscienti dell’aumento del costo della vita e del fatto che molte persone non possono accedere a generi di prima necessità e hanno bisogno di alimenti”. In questa direzione, assicurano che le diocesi, attraverso la Caritas, stanno facendo il possibile per mettersi a servizio della popolazione nell’aiuto economico e nell’assistenza medica, psicologica e legale. Sempre dallo stesso territorio, il vescovo prelato di Juli, mons. Ciro Chispe, ha scritto una lettera alla presidente Dina Boluarte e al Congresso, “implorando”, un “segno visibile e concreto per frenare questa terribile ondata di morti e feriti”. Anche l’arcivescovo di Lima, mons. Carlos Castillo, durante l’omelia domenicale, oltre a citare le parole del Papa, ha affermato che siamo chiamati a superare i nostri “problemi storici di cultura, per non disprezzare gli altri, ma per apprezzare, comprendere e sentire le ferite di chi soffre. Questa buona volontà deve prevalere in tutte le sfere della vita, cercando il dialogo e rispondendo a ‘una richiesta profonda’, per cercare di risolvere le cose con uno spirito diverso”, nella prospettiva di poter “vivere come fratelli e sorelle”.

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