Dialogo islamo-cristiano: “Sulla stessa barca”. Lafram (Ucoii), “uscire da schemi classici per ritrovare insieme quel senso di umanità perduta”

(Trapani) “Abbiamo voluto uscire dagli schemi classici del dialogo interreligioso e scendere su un terreno che conosce ed ha vissuto delle disgrazie in mare. Lampedusa è simbolo di speranza e disperazione, per cui come uomini di fede abbiamo scelto di andare lì per ritrovare quel senso di umanità perduta”. Così Yassine Lafram, presidente dell’Unione delle Comunità islamiche in Italia (Ucoii), presenta il viaggio in nave che 136 musulmani e cristiani stanno cominciando oggi, partendo dal porto di Trapani. Si tratta di un’iniziativa promossa dall’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Cei, insieme ai leader delle principali Comunità islamiche. La nave navigherà tutta la notte fino ad arrivare domani mattina sull’isola Lampedusa. Nelle ore di navigazione di andata e ritorno, ci saranno momenti di confronto, riflessioni, lavori di gruppo, tempi di preghiera, cristiana e musulmana. Si parlerà di “alterità fraterna e società pluraliste”, di cittadinanza, ospitalità. Nei workshop, ci sarà spazio per le testimonianze e per parlare di sfida educativa, matrimoni misti, per scambiare esperienze vissute in luoghi difficili come nelle carceri e negli ospedali, confrontarsi sui temi della pace, della guerra e della non violenza. A Lampedusa – accompagnati da letture tratte da brani biblici del libro di Giona e testi coranici – cristiani e musulmani si recheranno al “portale” di Mimmo Paladina, opera che si erge per quasi cinque metri d’altezza e tre di lunghezza, divenendo una sorta di faro visto dal mare per chi arriva dall’Africa spesso a bordo di barconi o gommoni. Poi ci sarà la visita alla chiesa parrocchiale San Gerlando e al “Vallone di Cala Madonna”, luogo di preghiera dove si narra, vivesse un eremita che divise in due parti una grotta naturale, incidendo da un alto la mezzaluna e dell’altra la croce. La tappa sull’isola si concluderà con una visita al Cimitero di Lampedusa dove sotto le lapidi come negli abissi del Mediterraneo scorrono le storie di migranti senza nome che non ce l’hanno fatta a raggiungere terra da vivi. “Noi oggi abbiamo bisogno di dare dei segnali forti e tangibili e non limitarci a fare degli enunciati, dichiarazioni e slogan”, dice Lafram. “Andiamo a Lampedusa anche per celebrare una sorta di pellegrinaggio, insieme, per ritrovare fra di noi quel senso di comunione dal quale può nascere un messaggio di speranza da dare anche alle persone più disperate”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Territori