Diocesi: card. Betori (Firenze), “di fronte a cultura e progetti di legge che come cristiani dobbiamo contrastare in ogni sede, ribadire senza paura che la vita è sempre dono”

“Non possiamo piangere disgregazione sociale e lacerazioni dei rapporti interpersonali se lasciamo credere a tutti, in particolare alle nuove generazioni, che l’affermazione di sé contro l’altro e non la costruzione delle relazioni debba essere il nostro obiettivo. Per poi giungere alla mistificazione con cui le istituzioni europee parlano di aborto e cercano di convincerci che una tragedia si debba trasformare in un diritto. Siamo di fronte a una cultura e a progetti di legislazione che come cristiani non possiamo accettare e che dobbiamo contrastare in ogni sede, senza paura di ribadire che la vita è sempre un dono. Alla cultura del diritto soggettivo contrapponiamo quella dell’accoglienza e del perdono, così che nessuno si trovi solo con la sua pena e sappia di poter trovare sempre casa nel cuore di Cristo e della sua Chiesa”. Lo ha affermato questa mattina l’arcivescovo di Firenze, il card. Giuseppe Betori, nell’omelia pronunciata per la solennità della Natività di San Giovanni Battista, patrono della città.
Commentando la pagina evangelico, il porporato ha sottolineato che “il giusto sguardo da porre sulla persona umana, qualsiasi sia la sua condizione, non può prescindere dal suo legame con il Creatore e Padre, come pure non può fare a meno di un processo di crescita che ne espliciti e rafforzi identità e missione”. “Torna attuale – ha ammonito – il confronto con una cultura che invece esalta l’autonomia e l’autodeterminazione, non come esiti di un processo di assunzione di responsabilità ma come premesse di una rottura di legami con l’altro – l’umano e il divino poco importa –, visto non come colui che ci accompagna ma come un limite che ci ostacola”. Il cardinale ha alzato il dito contro “una concezione della vita non accolta come dono, ma pensata come un bene di cui disporre in modo assoluto, dimenticando che un bene, come la vita, la nostra e degli altri, va costudito e tutti dobbiamo sentirci responsabili della sua cura, evitando la logica della rinuncia”.

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