Ucraina: Vecchio (storico), “mettere in dubbio il diritto degli ucraini alla resistenza e alla legittima difesa mi sembra ingiusto”

“Questa è una domanda a trabocchetto”: risponde così lo storico Giorgio Vecchio, intervistato dal Sir sul suo nuovo volume “Il soffio dello Spirito. Cattolici nelle Resistenze europee” (Ed. Viella), quando gli si chiede un parere su “resistenza” e “legittima difesa” nel caso dell’Ucraina. La storia può insegnarci qualcosa? “Anzitutto dovremmo imparare a leggere la storia per quanto riguarda i rapporti tra ucraini e russi che sono tormentati da oltre un secolo e anche più. Il patriottismo e il nazionalismo ucraini hanno radici profonde e complesse. Ma non è questa la sede per parlarne”. Aggiunge subito: “In secondo luogo, è evidente che la resistenza dell’Ucraina di oggi è diversa da quelle registrate tra 1939 e 1945. Ma ciò non toglie che quel Paese stia compiendo una propria resistenza contro un invasore spietato, in difesa della propria indipendenza e della propria libertà. Perciò le similitudini affiorano, anche nella disperata ricerca di aiuti esteri e di armi”. Tornando alla storia, Vecchio segnala: “lasciando da parte il caso italiano (dove pure gli aviolanci di materiali da parte alleata erano fondamentali), mi viene in mente l’esperienza francese sugli altopiani del Vercors e del Glières: qui si erano radunati centinaia di uomini refrattari al lavoro obbligatorio in Germania. Invocarono a lungo armi sufficienti per resistere all’inevitabile reazione dei tedeschi e dei poliziotti di Vichy. Ne ricevettero troppo poche e furono travolti e uccisi dai rastrellamenti nemici”.
Sollecitato ancora sull’attualità, Vecchio afferma: “Mettere in dubbio il diritto dell’Ucraina alla resistenza e alla legittima difesa, quindi, mi sembra ingiusto e, al limite, ipocrita. Altra, naturalmente, è la questione dell’invio delle armi e altra ancora quella del riarmo europeo e italiano. Non entro in tali questioni, adesso. Mi limito a dire che la storia ci educa sia alla complessità sia al realismo, che deve sempre – specie nel caso di un cristiano – spingere a ricercare una mediazione tra la purezza, intangibile, dei principi e la crudezza delle situazioni concrete. Rifugiarsi nell’astrattezza di pur nobili principi significa purtroppo fuggire dalle proprie responsabilità”.

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