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Regno Unito: la legge sull’aborto discrimina i portatori di handicap. I Giudici riaprono il dibattito sulla normativa britannica

La Corte di appello di Londra ha deciso di riaprire il caso di Heidi Crowther, 26 anni, portatrice della sindrome di Down, e di Maire Lea-Wilson, 33 anni, mamma di Aidan, 16 mesi, portatore di trisomia 21, respinto, lo scorso settembre, dall’Alta Corte britannica. Le due donne avevano sostenuto, davanti al tribunale di ultima istanza, che la legislazione in materia di aborto del Regno Unito discriminava i portatori di handicap e violava la Convenzione europea dei diritti umani. In Gran Bretagna, infatti, in questo momento, bambini portatori di handicap possono essere abortiti fino al momento della nascita, mentre per i bambini sani il limite è di 24 settimane. “È una norma che dice ai disabili che non dovrebbero esistere e viola i loro diritti umani”, aveva dichiarato Heidi Crowther. “Io mi sento rifiutata dalla società alla quale appartengo”. Tuttavia l’Alta Corte aveva deciso che, dal momento che il caso comportava problemi di natura morale ed etica, era di competenza del Parlamento e non dei giudici. Un punto di vista che la Corte di appello ha ribaltato, riaprendo il dibattito sulla questione. La nuova udienza al tribunale londinese sarà, probabilmente, a novembre o dicembre. Se le due donne vinceranno, i giudici chiederanno al governo di riesaminare la legge sull’aborto che tornerà in Parlamento. A quel punto, attraverso l’intervento del governo o la proposta di emendamenti, la legislazione potrebbe venire modificata.

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