Cattolici in politica: card. Parolin, “negli ultimi vent’anni c’è stato un arretramento”, serve “visibilità in tutti gli ambiti della vita pubblica e privata””

“È piuttosto evidente che negli ultimi vent’ anni si è consumato un arretramento delle forze di ispirazione cristiana nella vita pubblica, a tutti i livelli”. Lo dichiara il card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, in merito alla “lectio” che terrà oggi pomeriggio, all’Angelicum di Roma, durante la presentazione della “Pubblica agenda ‘Sui tetti’ del laicato cattolico”, cui parteciperanno una settantina di associazioni. “Questa iniziativa, promossa da molte associazioni del laicato cattolico, è stata preceduta da una lunga attività preparatoria e conferma l’attualità dell’insegnamento del Concilio”, spiega il cardinale in un’intervista al Corriere della Sera: “Nel decreto Apostolicam actuositatem, chiedeva ai laici un apostolato più intenso ed esteso, e tanto più urgente nel mutare dei tempi. Mi sembra importante ribadire, come indicato anche da Papa Francesco, che il Concilio non guarda ai laici come se fossero membri di ‘second’ordine, al servizio della Gerarchia e semplici esecutori di ordini dall’alto’, ma come battezzati che sono chiamati ad animare e perfezionare con lo spirito cristiano l’ordine delle realtà temporali, agendo come fermento. Il messaggio che noi possiamo dare è anzitutto di incoraggiamento, di indirizzo e di conferma. Questa sinergia sviluppa l’insegnamento paolino: la Chiesa è un Corpo unitario, sebbene costituito da molte membra, ciascuna con la sua funzione”. Interpellato sull’irrilevanza dei cattolici in politica, Parolin precisa: “Non penso solo alla rappresentanza politica. La rilevanza dei cattolici in politica interviene comunque in un momento secondario. Quello primario è la rilevanza nella società. È lì che i cattolici devono essere presenti, visibili, testimoni di una visione e di uno stile di vita ispirato al Vangelo. Questa rilevanza precede l’altra, che ne dovrebbe costituire la conseguenza naturale. Altrimenti è come voler costruire un edificio senza fondamenta. Non può reggere e sarebbe una fatica vana”. Secondo il porporato, le cause dell’”arretramento” del laicato cattolico in politica sono molteplici: “La prima è la stessa crisi di fede, che a sua volta è in parte conseguenza della secolarizzazione. Una secolarizzazione che, all’inizio di questo secolo, ha conosciuto un’accelerazione potente anche per effetto del processo tecnologico e digitale, il quale sta trasformando sempre più e sempre più velocemente i nostri stili di vita e il modo di pensare. Questa trasformazione ha colto di sorpresa anche l’istituzione ecclesiale”. “Rilevanza” dei cattolici in politica, spiega Parolin, oggi “significherebbe, in positivo, la loro visibilità in tutti gli ambiti della vita pubblica e privata. Così potrebbero essere quel ‘fermento’ indicato dal Concilio. Non dobbiamo pensare di certo a riproporre gli schemi del passato, ma a una presenza diffusa che, a partire dall’ambiente sociale e culturale, faccia emergere le istanze loro proprie: istanze che non sono esclusive dei cristiani ma riguardano l’uomo in generale, di ogni luogo e tempo. Ma occorre che ve ne siano le condizioni. Prima tra tutte, garantire un’effettiva libertà religiosa, che implica la libertà di esprimere il proprio convincimento senza ostacoli o pregiudizi superando la divisione artificiosa tra pubblico e privato, come se la fede potesse essere espressa solo nella dimensione intima della persona”. Quanto allo schema binario che tende a dividere i cattolici tra “conservatori” attenti a temi etici e “progressisti” attenti a quelli sociali, il cardinale precisa: “Più che di divisioni, preferisco parlare di differenze di accenti e prospettive. È un grave errore pensare che i temi più esplicitamente etici o bioetici siano altra cosa rispetto ai temi sociali e non vi sia continuità. Sono due facce della stessa medaglia. Non si possono inquadrare correttamente i temi sociali se non a partire da una certa antropologia e viceversa. Questa separazione non ha fondamento ed è dannosa alla stessa azione ecclesiale. Quando si perde la visione d’insieme, intervengono le divisioni e si corre il rischio di essere strumentalizzati”.

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