Migrazioni: Forum a Bruxelles. Schweng, “giovani rifugiati non subiscano le conseguenze della crisi”

La presidente del Cese e la commissaria Ue Johansson (Foto SIR/Comitato economico e sociale Ue)

“I giovani provenienti da un contesto migratorio o che sono rifugiati apportano un ricco contributo alla nostra società ed economia. Per dispiegare pienamente i loro talenti, hanno bisogno del nostro sostegno e della nostra solidarietà, in modo che crescano e partecipino alla ripresa dell’Ue”. Lo ha detto la presidente del Comitato economico e sociale europeo (Cese), Christa Schweng, intervenendo alla seconda giornata del settimo Forum europeo sulle migrazioni (Emf) organizzato dal Cese e dalla Commissione europea, sul tema “L’inclusione dei giovani: la chiave per il successo dell’integrazione dei migranti”. “Stiamo affrontando una grande crisi che rischia di metter a repentaglio il tessuto sociale. I giovani non devono subire conseguenze nell’apprendimento, nel benessere e nella salute mentale. Finora, i giovani rifugiati e migranti sono coloro che hanno sofferto di più. Per questo accogliamo con favore iniziative per un piano di azione per l’inclusione, il pacchetto per le competenze, la garanzia giovani e altre iniziative degli Stati membri per i giovani migranti”, ha affermato la presidente del Cese.
In Europa, “ci sono 7 milioni di migranti e rifugiati, soprattutto giovani donne e bambini ucraini. È stata lanciata un’iniziativa per colmare il gap di offerta di posti di lavoro qualificati nell’Ue con migranti ucraini. Restano ancora posti vacanti e dobbiamo accelerare il riconoscimento delle qualifiche e competenze anche per coloro che provengono da Paesi diversi”, ha aggiunto. Anche secondo la presidente del Cese “per la Siria nel 2015 l’Ue non era preparata. Avremmo dovuto far scattare il meccanismo di protezione temporanea collettiva anche in quel caso, ma non era politicamente fattibile. C’erano problemi diversi, molti migranti erano analfabeti e non c’erano competenze di base per integrare queste persone nel lavoro. Inoltre, all’epoca ogni Paese era in situazioni particolari. Tra i migranti ucraini ci sono molti profili accademici e donne. Non dividiamo tra buoni e cattivi ma cerchiamo di offrire loro le migliori opportunità possibili”.

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