Cammino sinodale: De Simone, “ci è chiesto di uscire dalla frammentazione, per camminare insieme”

(Foto: Centro di orientamento pastorale)

“La sinodalità è la ‘forma’ stessa della Chiesa, il Sinodo quindi è espressione della sinodalità, della collegialità su una determinata questione. La questione che attualmente si sta trattando è quella della sinodalità come stile della Chiesa, che rende trasparente, credibile l’annuncio del Vangelo. Un annuncio che passa attraverso il modo di essere – vivo e reale – della Chiesa. La novità: tutto il popolo di Dio è convocato in Sinodo. Un Sinodo sulla forma sinodale della Chiesa, e cosa essa comporti, oggi”. Lo ha ricordato oggi pomeriggio Pina De Simone, docente di Filosofia della religione presso la Facoltà teologica dell’Italia meridionale sez. San Luigi, intervenendo alla 71ª Settimana nazionale di aggiornamento pastorale del Centro di orientamento pastorale.
Nella sua relazione su “La sinodalità come orizzonte, metodo e stile”, De Simone si è soffermata su questi tre termini. Innanzitutto “ci è chiesto uno stile, che è sinodale, uscire dalla frammentazione, per camminare insieme”. Per questo serve “capacità di condivisione, di ascolto, di apertura”. Il “metodo”, poi, “è la via traverso la quale maturiamo uno stile”, ha proseguito la docente, rilevando che “lo stile si acquisisce attraverso una modalità. Il metodo proposto in questo cammino sinodale è quello della conversazione spirituale, metodo ignaziano, che riprende la tradizione antica. Ci poniamo in ascolto del vissuto riletto alla luce della parola di Dio. Ascolto attivo, profondo dell’esperienza, che è posta in primo piano”.
“Riconoscere la presenza del Signore, in ordine a ciò che viviamo”, ha quindi osservato De Simone, “non è semplicemente un vedere” ma “si dà all’interno di una relazione con il Signore”. Sullo “scegliere le priorità”, la docente ha evidenziato come si tratti di individuare “quali passi – i moti – lo Spirito ci invita a compiere”. “Riconoscere, interpretare e scegliere, dicono ritmo il della conversazione spirituale”, ha aggiunto: “Un metodo che implica il silenzio, parte essenziale, spazio interiore che si deve attivare per accogliere. Il tutto ha a che fare con la progettazione. Non un esercizio pio, da sagrestia”, ha ammonito. Non è mancato poi un riferimento al “discernimento”, “su questioni circoscritte, avviando un confronto con cosa sta emergendo nel vissuto della comunità” per il quale serve “ascoltarsi reciprocamente”. Il tutto proiettato “verso un consenso che è un ‘sentire’ insieme. Anche la ‘leadership’ – ha precisato – si pone in termini di colui che anima nella carità. La forma comunionale non è appiattimento ma articolazione, le singole ‘vocazioni’ diventano intrecci” generando un’“armonia nella diversità, fatta anche di tensioni”.

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