Violenze in carcere: Garanti detenuti, “grande preoccupazione per i gravi episodi criminosi a Santa Maria Capua Vetere”

“Suscitano profondo turbamento e grande preoccupazione i gravi episodi criminosi ai danni delle persone detenute di Santa Maria Capua Vetere, definiti ‘una orribile mattanza’ dal Gip che ha emesso sulla base di plurimi riscontri oggettivi 52 misure cautelari di diversa specie nei confronti dei poliziotti penitenziari e di qualche dirigente individuati dalla Procura come possibili responsabili”. Così la Conferenza dei Garanti territoriali delle persone private della libertà, in una nota diffusa oggi pomeriggio.
“Che personale addetto alle carceri – prosegue la Conferenza dei Garanti territoriali – abbia potuto, nell’aprile 2020, secondo l’ipotesi accusatoria, reagire con torture, violenze e intimidazioni di vario genere alle proteste inscenate dai detenuti dell’istituto di pena casertano, in seguito alla scoperta al suo interno di un caso di positività da Covid-19, è un fatto di una gravità inaudita che non può non destare indignazione e allarme, specie in un contesto come quello odierno in cui daremmo ormai pressoché per scontato che il rispetto della vita, dell’incolumità personale, della dignità umana e degli altri diritti connessi sia imposto da obblighi costituzionali inderogabili che non ammettono, in linea di principio, discriminazioni di trattamento tra cittadini liberi e persone recluse per motivi di giustizia”.
“Poiché però la realtà effettuale talora continua, purtroppo, a smentire la teorica pretesa che la legalità legislativa e costituzionale debba fungere da stella polare anche della gestione ‘concreta’ delle carceri, riceve, tra l’altro, conferma l’indispensabilità della figura del garante dei diritti dei detenuti, prevista nel nostro ordinamento secondo una articolazione territoriale differenziata (cioè a livello nazionale, regionale e locale): è stata infatti la sollecita e coraggiosa denuncia del garante campano Samuele Ciambriello a rendere note all’autorità giudiziaria competente le violenze subìte dai detenuti”.
Il Dap e i suoi vertici dovrebbero “farsi nel futuro maggiormente carico di orientare la formazione professionale dei poliziotti e di tutto il personale penitenziario alla stregua di modelli culturali, criteri e metodi in grado di inibire alla radice il possibile manifestarsi di una mentalità contrappositiva e di atteggiamenti aggressivo-ritorsivi nei confronti della popolazione detenuta. Mentalità e atteggiamenti tanto più inammissibili, se si considera che al poliziotto penitenziario l’ordinamento vigente affida, oltre al compito di tutelare l’ordine e la sicurezza, quello di partecipare al trattamento rieducativo. È evidente come la possibilità di contemperare in maniera equilibrata le due funzioni suddette richiede un elevato livello di preparazione e professionalizzazione”.

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