Migranti: Trento, il vescovo Tisi in visita a cinque strutture religiose che hanno aperto le loro porte

A pochi giorni dall’ennesima strage di migranti nel Mediterraneo, l’arcivescovo di Trento, mons. Lauro Tisi, assieme a una delegazione diocesana e del Centro Astalli, si è recato in visita alle cinque strutture religiose del capoluogo che da ormai cinque anni accolgono richiedenti protezione internazionale, un centinaio complessivamente nel tempo. L’itinerario ha preso le mosse a Casa San Francesco di Spini di Gardolo, di proprietà dei Cappuccini, dove è attivo anche un dormitorio per dieci richiedenti asilo. Seconda tappa nella casa dei Comboniani in via Missioni Africane dove grazie alla disponibilità dei missionari, sei universitari veneti e trentini residenti hanno scelto, grazie al progetto “muri che uniscono”, di condividere gli spazi di accoglienza assieme ad una decina di ragazze e ragazzi richiedenti asilo. La visita è quindi proseguita nella sede delle suore Canossiane in centro a Trento (con l’annessa scuola materna e il Centro di Formazione Professionale) dove l’accoglienza di due mamme africane con le relative figlie, già ben inserite nella scuola, è garantita da suor Daniela Rizzardi con altre tre consorelle. Nuova sosta quindi a Villazzano nella sede dei Dehoniani, comunità di sei religiosi che guidano anche le parrocchie di Villazzano e Povo dove sono riusciti a dare all’accoglienza di giovani migranti un carattere comunitario, ad esempio, attraverso le “cene del povero” o la realizzazione di un bel murale collettivo. A Villa Sant’Ignazio, sede dei Gesuiti e cuore organizzativo dell’accoglienza, l’ultima tappa. L’arcivescovo, accompagnato dal delegato, don Cristiano Bettega, e dal referente Caritas, Alessandro Martinelli, parla di “un’esperienza meravigliosa di Vangelo dove scopriamo che, se ascolti Dio e guardi i poveri come lui li guarda, ti ritrovi arricchito”. “Così l’accoglienza non è un dovere ma semplicemente il bello dell’umano. Abbiamo sperimentato in questi anni che dai volti dei poveri abbiamo ricevuto anche la capacità di fare rete e diventare più collaborativi tra noi”.

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