Mozambico: don Daldosso (fidei donum), “le persone in fuga da Cabo Delgado raccontano fatti terribili”

“La settimana scorsa sono venute in parrocchia donne e bambini, tutti affamati e senza un posto dove ripararsi, una di loro aveva partorito in strada durante la fuga. Un papà aveva appena seppellito il figlio. C’erano anche tre o quattro bambini soli, avevano perso i genitori durante il viaggio, non sapevano più se erano vivi o morti”. A parlare al Sir è don Silvano Daldosso, fidei donum della diocesi di Verona, da oltre 13 anni alla guida della missione di Cavà-Memba nella diocesi di Nacala, che sta aiutando da tempo gli sfollati in fuga dagli attacchi di gruppi jihadisti nel nord del Mozambico, nella provincia di Cabo Delgado, dove è in corso un durissimo conflitto dal 2017. Nei giorni scorsi se ne è parlato anche in Italia sui media mainstream, dopo che Save the children ha raccontato di decapitazioni di bambini di 11 e 12 anni, raccogliendo testimonianze tra gli sfollati. Si tratta di almeno 650.000 persone, intere famiglie con due o tre figli al seguito, fuggite verso la zona di Pemba, Niassa e Nampula. Nella diocesi di Nacala (provincia di Nampula) sono 25.000. “Tutti ci raccontano fatti terribili, anche decapitazioni – conferma don Silvano -. Non dubito che questo succeda perché sterminano famiglie intere. A me dispiace che se ne parli solo in questi termini. Perché I bambini c’erano anche prima e ci sono ancora. Purtroppo la nostra sensibilità europea ci spinge a reagire solo quando si tocca un bambino. Ma è dal 2017 che va avanti così e nessuno ha fatto niente. La situazione è molto complessa, bisogna capire cosa succede a livello di geopolitica, ci sono grandi interessi economici”. La provincia di Cabo Delgado è infatti ricchissima di giacimenti di gas e miniere dove vengono estratti i rubini, sulle quali hanno già messo le mani diverse multinazionali straniere. I gruppi fondamentalisti, oltre a reclamare la sharia, rivendicano il possesso delle ricchezze della zona. La popolazione è tra le più povere del Mozambico, con alti tassi di analfabetismo, malnutrizione infantile, scarsità di servizi sociali e sanitari. I miliziani jihadisti attaccano i villaggi, uccidono i civili e si scontrano con l’esercito locale per occupare infrastrutture strategiche. In tre anni sono state uccise almeno 2.500 persone. La decapitazione è una prassi consueta. Ma anche le forze governative si sono macchiate di crimini orribili. “Ora Cabo Delgado è totalmente deserta ed in mano ai fondamentalisti – spiega il missionario -. La situazione non sta migliorando, sembra siano ripresi gli attacchi. Ci sono cellule attive anche a Niassa e Nampula, probabilmente inizieranno attacchi anche in altre province. Al nord non si circola più liberamente, è una sorta di far west, non c’è sicurezza, non ci si può muovere”.

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