Coronavirus Covid-19: don Falabretti (Cei), “i ragazzi hanno toccato con mano la fragilità della vita”

foto SIR/Marco Calvarese

“I nostri ragazzi hanno toccato con mano la fragilità della vita. Tocca a noi dare loro ascolto, cura, nuovi cammini e accompagnamento”: è quanto afferma don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile (Snpg) in una newsletter, diffusa oggi, in cui affronta il tema giovani e pandemia.

foto SIR/Marco Calvarese

Con il virus “è caduto il mito dell’uomo invincibile, al riparo da tutto perché sotto l’ombrello della tecnologia e della scienza”, scrive il sacerdote ricordando che “molti giovani hanno vissuto da vicino una morte disumana di nonni e genitori: quella che ha negato l’accompagnamento, impedendo di poter dire anche solo un’ultima parola ai propri cari. È stata la prima esperienza diffusa per le nuove generazioni della fragilità della vita: la noia generata dal benessere e dai consumi ha visto accendersi un forte temporale”. Per don Falabretti si tratta di “situazioni che avrebbero richiesto di poter dire una parola, di porre delle domande e di offrire qualche fragile risposta. Si è aperto un grande spazio che è quello del mistero della vita, ma l’impressione è che sia sceso solo un imbarazzato silenzio frutto di stili di vita ormai pluridecennali: l’assenza continuativa e sapienziale di genitori e adulti ha fornito ai giovani molte cose, ma poche indicazioni di vita e di senso”. Tutto questo, scrive don Falabretti, “ripropone in modo nuovo la grande domanda sull’annuncio del Vangelo alle nuove generazioni. Seppur con fatica stavamo facendo i conti con un’epoca diversa; ora, pare, bisogna avere il coraggio dei giorni più drammatici”. Questo significa anche “liberarci dall’ansia di raggiungere grandi numeri” che hanno segnato le Gmg o eventi diocesani, “non si tratta di immaginare un cattolicesimo giovanile di élite, quanto piuttosto di riprendere le fila dell’annuncio prevedendo che solo esperienze qualificate nella proposta, ma anche nella presenza di chi le offre, potranno mutare la forza di attrazione della fede”. L’altra attenzione è per “la cura educativa: ci sarà bisogno di pazienza nell’ascolto per intercettare le domande, di pazienza nel saperle accompagnare e nel saper spiegare che cosa si sta facendo. Non esistono più parole magiche per la convocazione dei giovani: la capacita di stare dentro la storia lottando per la verità del Vangelo e offrendo esperienze di servizio e accompagnamento, si sta rivelando una proposta efficace. Il tessuto sociale chiede di non essere abbandonato alle logiche mercantili che trasformano tutto in un’occasione di profitto”. Guardando a questo scenario, conclude il responsabile Snpg, “possiamo tornare a focalizzare anche il senso dei cambiamenti che le strutture ecclesiali devono affrontare: nella misura in cui sapremo comprenderne la funzione e la missione in uno scenario mutato, sapremo trovare cammini nuovi di servizio e di testimonianza cristiana”.

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