Scuole paritarie: Cism e Usmi, “la politica ha colto il nostro grido. Risposta flebile e inadeguata ma segnale di dialogo”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Due giorni di sciopero virtuale (19-20 maggio) con il provocatorio slogan #noisiamoinvisibiliaquestogoverno. A promuoverlo e sostenerlo le Conferenze dei religiosi e delle religiose in Italia (Cism e Usmi), che gestiscono buona parte delle scuole pubbliche paritarie cattoliche nel Paese. “Era stato invocato dalla base un segno forte e chiaro, era stato chiesto di fare ‘rumore costruttivo’. Crediamo che sia stato raggiunto lo scopo immediato”, scrivono in un comunicato congiunto firmato da madre Yvonne Reungoat (presidente nazionale Usmi) e da padre Luigi Gaetani (presidente nazionale Cism). “La politica ha colto il nostro grido e ha stanziato 150 milioni di euro, di cui 80 per le scuole del ciclo 0-6 anni (in questa fascia è compreso il servizio socio-educativo, da 0 a 3 anni, che riguarda anche le scuole comunali, asili e nidi) e 70 per le primarie e le secondarie fino ai 16 anni, dando una flebile ed inadeguata risposta, sebbene da noi recepita come un segnale di dialogo, un segno a favore dei lavoratori e delle famiglie – si legge nel comunicato –. Infatti, sono solo 152 euro pro capite per i 524.031 allievi della scuola dell’infanzia e 200 euro pro capite per gli allievi degli altri corsi”.
Cism e Usmi auspicano che l’insolito sciopero della scuola pubblica paritaria faccia cogliere “le ragioni più profonde di un disagio civile, culturale, economico che continua a segnare e discriminare una parte civile ed educata di questo Paese che serve tante periferie e fa argine a tanta evasione scolastica” rendendo un servizio pubblico a “tutti coloro che, dentro un ordinamento democratico di scuola pubblica riconosciuta dallo Stato, hanno il diritto di scegliere l’istruzione per i propri figli senza dover pagare due volte il diritto all’istruzione: prima con le tasse e poi con le rette”. Diverse le iniziative poste in essere durante lo sciopero tramite i social media per dire “al Governo e al nostro Paese che noi non siamo figli di un dio minore, che non siamo invisibili, che non valiamo meno di tanti comparti aziendali, se mettiamo insieme 900mila alunni, 180mila tra docenti e personale, 12mila sedi scolastiche, se accogliamo 14mila alunni con varie disabilità”.

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