Coronavirus Covid-19: Azione contro la fame, “strategia di lockdown non è adatta a Paesi con economie fragili”

“Le restrizioni globali promosse come misure di contenimento in risposta alla diffusione di Covid-19, rischiano di costare la vita a milioni di bambini che stanno già vivendo crisi alimentari a causa della povertà, dei cambiamenti climatici e dei conflitti”. È l’allarme lanciato da Simone Garroni, direttore generale di Azione contro la fame. Con genitori non più in grado di lavorare e con forme di assistenza sociale scarse o nulle su cui ripiegare, Azione contro la fame teme che i più piccoli possano essere messi a rischio a dai provvedimenti stabiliti dalle autorità locali. “Il rimedio – prosegue Garroni – diventa, in questo modo, pericoloso quanto la malattia e gli effetti della fame potrebbero causare più vittime del virus stesso”. Come già annunciato da Nazioni Unite e Wto è probabile che la pandemia possa scatenare una crisi alimentare globale. “La strategia di contenimento totale, sostenuta da Paesi sviluppati, non è adatta alle economie fragili o colpite da calamità”, continua Simone Garroni: “Faccio un esempio: in alcune aree, come il Pakistan, dove è iniziata la raccolta del grano, i nostri team ci raccontano che i lavoratori non hanno altra scelta che recarsi nei campi per lavorare. Per questa ragione, è necessario sostenere queste popolazioni e le loro attività, preservandole, al tempo stesso, dal contagio”. È, pertanto, necessario sensibilizzare le persone più esposte alle norme igieniche e adottare misure tese a organizzare lo stoccaggio e il trasporto sicuro dei prodotti. Nei centri urbani è, inoltre, urgente sostenere i più vulnerabili attraverso la distribuzione di prodotti alimentari, i trasferimenti di denaro e il rafforzamento dei sistemi di protezione sociale. Le restrizioni ai movimenti “sono un elemento chiave per contenere la diffusione della malattia – dichiara – ma non possiamo ignorare il fatto che imporre ai genitori di stare a casa significhi anche non consentire a milioni di persone di provvedere alle proprie famiglie. D’altra parte, lavoriamo in oltre 40 Paesi in tutto il mondo e, ogni giorno, ci viene posta la stessa domanda: come farò a sfamare i miei figli? Per di più, in molti contesti, ci troviamo ad affrontare gli effetti della sospensione o della limitazione delle consegne di cibo salvavita, acqua e medicine. Queste comunità hanno più paura della fame che di Covid-19”.

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