Giovedì Santo: mons. Pellegrini (Concordia-Pordenone) a sacerdoti e diaconi, “essere artigiani della cura e dell’amore del Padre e seminatori di speranza”

“Le celebrazioni che facciamo senza il popolo, non sono inutili. Non si celebra mai da soli, ‘siamo contenuti dalla Chiesa e conteniamo tutta la Chiesa’, perché la preghiera di intercessione è per tutto il popolo, in particolare per le persone che conosciamo, quelle che soffrono e muoiono”. Lo ha scritto il vescovo di Concordia-Pordenone, mons. Giuseppe Pellegrini, nella lettera a presbiteri, diaconi e religiosi sacerdoti in occasione del Giovedì Santo.
“Sento il desiderio di comunicare con voi e di condividere le fatiche di questo tempo difficile, ma sempre tempo di Dio, che rivela e manifesta il suo amore”, sottolinea il vescovo, rivelando che “non è stato agevole abituarmi a vivere da solo, pregare da solo, celebrare da solo, come pure vedere i progetti, le attività e gli incontri programmati, sistematicamente annullati, con un senso di vuoto e di inutilità”. “Un virus, invisibile e letale, sta trasfigurando la vostra quotidianità, minando le sicurezze, stravolgendo le relazioni e svelando le fragilità personali e quelle del sistema sociale e politico”, prosegue mons. Pellegrini, evidenziando come “in questi giorni di forzata inattività pastorale”, “sentite quanto vi mancano le relazioni vere, fatte di ascolto, di sguardi e di strette di mano, quasi a mettere in crisi l’identità della consacrazione, perché in quanto sacerdoti siamo essenzialmente uomini dell’incontro e della relazione”.
“Sento dal profondo del cuore di esprimere a tutti voi un grazie sincero, per la passione e la dedizione nell’essere vicini e nel sostenere le comunità”, il tributo del vescovo: “Abbiamo e avete una missione importante, che il mondo e le vostre comunità vi chiedono, per uscire da questa situazione e soprattutto per il dopo, quando ritorneremo alla normalità: essere artigiani della cura e dell’amore del Padre per ogni persona e seminatori di speranza”. I ministri ordinati sono chiamati “ad avere cura e a custodire ancora di più il dono della vita” e a “saper infondere coraggio” nei fedeli aiutandoli “a vincere le paure, per non soccombere sotto il peso del male e delle preoccupazioni di un futuro che non sarà facile”.

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