
Non solo una scodella di minestra e non solo una mensa. Potrebbe essere questa la sintesi dell’impegno profuso da Caritas ambrosiana nell’immaginare e gestire il Refettorio Ambrosiano nato 10 anni fa. Così come lo ha illustrato nel suo intervento per il decennale, il direttore Luciano Gualzetti: “La lotta alla fame e alla povertà alimentare ha costituito un primo, immediato impegno e l’eredità più esplicita di Expo 2015. Ma non avremmo fatto un buon servizio ai poveri e a Milano, se ci fossimo limitati a scodellare minestre o risotti. Con il Refettorio abbiamo offerto 3 risposte, affermando, in concreto, che il diritto al cibo deve essere diritto a un’alimentazione di qualità. In secondo luogo, abbiamo condotto una lotta allo spreco alimentare e delle risorse, anche energetiche, sempre più accurata: non c’è contrasto delle povertà, se non c’è contrasto delle cattive abitudini di consumo che contribuiscono a generarla”. Infine, la mission più complessiva di Caritas, esemplificata nell’attività quotidiana del Refettorio. “Il Refettorio è diventato punto di riferimento per tanti anziani soli e fragili: il nostro impegno per la promozione della dignità umana cerca di farsi carico di tutte le fatiche espresse dalla città, per scongiurare inaccettabili guerre tra poveri”. E questo con lo sforzo di fare del Refettorio un propulsore di cultura e formazione. “Caritas è convinta che chi è povero ambisce a un nutrimento spirituale, oltre che materiale. Anche perché, come sempre, rifiutiamo uno schema di delega, ma sollecitiamo l’intera comunità, religiosa e civile, a farsi carico della sorte di tutti e di ciascuno. È questione di giustizia sociale e di autentica fraternità”.
Parole sui è seguito l’intervento dello chef Massimo Bottura, star del mondo dell’alta cucina internazionale che, da subito, ha preso a cuore dieci anni fa il progetto del Refettorio Ambrosiano, dando avvio, poi, all’associazione Food for Soul, promotrice di Refettori in altre città del mondo.
“Siamo partiti da un’idea semplice, ma rivoluzionaria: trasformare la solitudine in accoglienza con il contributo determinante dell’arte e della dignità della persona. Il Refettorio non è un ristorante, non è una mensa, ma un luogo speciale, dove il recupero delle eccedenze, autentica sfida del nostro tempo, si fa inclusione sociale, l’accoglienza si trasforma in pane, e dove la cultura si siede a tavola con l’umanità. Oggi si produce cibo per 12 miliardi di persone e se ne spreca, secondo ricerche internazionali, il 33%, con più di 800 milioni di donne e uomini che sono alla fame. Qui vogliamo dare un esempio: no allo spreco e sì al potere dell’accoglienza. Dare il benvenuto con il cuore cambia la vita della gente”.