Diocesi: mons. Tomasi (Treviso), “troviamo un momento quotidiano di preghiera, incontriamoci tra noi gratuitamente, andiamo pellegrini dal Cristo”

(Foto diocesi di Treviso)

“Forse lo possiamo considerare esagerato in tutto, il beato Enrico: le estreme penitenze, con il ruvido saio e i giacigli scomodi e duri; le numerosissime messe quotidiane in tutte le chiese di Treviso; la preghiera protratta, anche nel cuore della notte; la sosta orante di fronte alle immagini sacre che abbellivano i muri delle case, anche se veniva preso di mira dai ragazzini che se ne facevano beffe; la richiesta dell’elemosina – che non risparmia neppure il signore della città, ed il vescovo stesso – chiesta per poi distribuirla ai più poveri di lui. Se riuscissimo a immaginarci Enrico da Bolzano per le strade di Treviso oggi, ci metterebbe in difficoltà, lo giudicheremmo forse in molti modi differenti. Anche allora del resto, Enrico aveva tanti ammiratori, ma nessuno che ne seguisse l’esempio di vita”. Lo ha detto ieri sera mons. Michele Tomasi, vescovo di Treviso, nella celebrazione in cattedrale, in occasione della festa del beato Enrico da Bolzano.
Il presule, ricordando questa “esagerazione” di Enrico da Bolzano nella carità, nella preghiera, nella penitenza, si è chiesto se questa figura, pur lontana nel tempo (sono passati 710 anni dalla sua morte, il 10 giugno 1250), non abbia qualcosa da dire anche a noi oggi, ai cristiani di Treviso del XXI secolo: magari nella sobrietà dello stile di vita, nella condivisione di fatiche e problemi degli altri, nell’impegno a costruire bene vero, nel vivere bene la celebrazione eucaristica, a partire dalle nostre comunità; nella ricerca di un tempo per la preghiera; nella cura di ciò che guardiamo quotidianamente, impegnandoci a una “pulizia” dello sguardo, magari vivendo le nostre belle chiese e le opere d’arte in esse contenute come delle finestre verso il cielo, verso l’infinito, e non solo come dei musei; e, poi, vivere relazioni autentiche di solidarietà, di carità, di volontariato e di cura verso chi ha più bisogno.
Il vescovo ha poi dato tre consegne, nel ricordo del beato: “Per onorare la figura del beato Enrico in questo anno giubilare torno a ricordare, a me e a voi, le consegne che ho dato alla diocesi per questo anno santo. Forse ci fa bene riconsiderarle, anche nello spirito e nella testimonianza del nostro beato trevigiano”. La prima: “Troviamo un momento quotidiano di preghiera, a seconda delle condizioni di vita e di impegno di ciascuno, ma tutti. Pochi minuti di silenzio in presenza del Signore, la lettura di una pagina di Vangelo, un’invocazione a Maria”. La seconda: “Incontriamoci tra noi gratuitamente, per amore di Dio e per la gioia di stare insieme, senza pretendere troppo gli uni dagli altri (anche nelle nostre comunità, anche tra preti e laici)”. La terza: “Andiamo pellegrini dal Cristo che aspetta la nostra visita, colmo di speranza: andiamo a trovare infermi, carcerati, anziani in solitudine, persone con diverse abilità, persone che non riescono più a sperare”.
Una esagerazione, quella del beato mendicante, ha sottolineato mons. Tomasi, che ricorda lo “spreco di amore” di Cristo: “E se ci sembrerà di esagerare, pensiamo al beato Enrico e vediamolo come un ricordo, come un ricordo proprio nella nostra città, della grande esagerazione, addirittura del grande spreco di amore che è stata la vita di Cristo, che ha dato, innocente, la propria vita per la nostra salvezza, per la nostra vita”.

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