Una “lista” con 500 nomi. È stata consegnata a Papa Leone XIV dall’arcivescovo maggiore di Kiev-Halyc, Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, nel corso dell’udienza privata avuta con lui giovedì scorso. A raccontare i “particolari” dell’incontro, è lo stesso arcivescovo di Kiev, in una intervista ad Avvenire e Sir, che sarà pubblicata domani sul quotidiano nazionale e sul sito www.agensir.it.
“Il Papa ha voluto ascoltare come viviamo. Era interessato ai nostri dolori”, racconta Shevchuk. “Gli ho detto che siamo una Chiesa che vive in mezzo alle sofferenze del proprio popolo, che fascia le ferite. Mettiamo in atto quella che ormai chiamiamo la ‘pastorale del lutto’. Perché non c’è nessuna famiglia oggi in Ucraina che non piange la morte del proprio figlio, marito, fratello o vive l’ansia di non sapere dove sta. Il Papa ascoltava. Gli ho spiegato che ovunque io vada, le persone mi affidano liste di familiari dispersi o prigionieri. Nomi concreti, con i volti, con i dati. Abbiamo consegnato al Papa quasi 500 nomi. La gente dice che se i russi sanno che i nomi di questi prigionieri sono nelle mani del Vaticano, allora li possono vedere e trattare in maniera differente. Lui li ha scorsi, soffermandosi sui nomi e guardando i volti che li accompagnavano. Poi mi ha detto: faremo tutto il possibile per favorire spazi del dialogo e fermare la guerra”.