Assemblea Cei: card. Zuppi, non accontentarsi dei “pochi ma puri” o “pochi ma nostri”. “Rischiamo di essere irrilevanti nella vita di troppi e nella storia”

(Foto Siciliani - Gennari/SIR)

“Il discernimento non consiste nell’applicazione di regole o in un infinito campionario di interpretazioni, ma inizia con la fede, con uno stile di vita personale forgiato dalla Parola di Dio”. Lo ha detto il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, introducendo i lavori dell’Assemblea dei vescovi italiani, in corso in Vaticano fino al 25 maggio. “Non ci sarà vero discernimento se non sapremo continuare ad ascoltare cosa lo Spirito continua a chiederci anche in questa seconda fase del nostro percorso”, ha affermato il cardinale riferendosi all’attale fase del cammino sinodale della Chiesa italiana, che passa dall’ascolto al discernimento. “Non possiamo nascondere che in questa prima fase del Cammino sinodale sono emerse fatiche, in vari ambiti e per varie ragioni”, ha ammesso il presidente della Cei: “Alcune diocesi avevano appena celebrato o erano in piena celebrazione di un Sinodo diocesano e si sono trovate quindi già avanti nel percorso, dovendo aspettare tutti gli altri; alcuni hanno chiesto chiarimenti o hanno persino avanzato dubbi sulla opportunità dello strumento sinodale stesso per affrontare i nodi della vita della Chiesa odierna. Dobbiamo registrare alcune difficoltà nei nostri presbiteri, che ovviamente ci devono far riflettere. Il processo, però, è avviato e procede, grazie alla dedizione di tanti. I referenti diocesani hanno svolto un ruolo decisivo e promettente”. Il Cammino sinodale, ha precisato Zuppi, “non corrisponde a una logica interna né mira a un riposizionamento in tono minore, difensivo o offensivo, ma alla compassione di fronte alla grande folla che accompagna sempre la piccola famiglia di discepoli”.

“Timidezza e pessimismo non sono fondati, perché c’è una chiamata della Chiesa espressa da tanti segni, tante voci, domande e situazioni”, ha puntualizzato il cardinale: “Solo il Signore conosce i nomi di quanti fanno parte di questo popolo. Se non ascoltiamo queste parole mettendole in pratica, corriamo il rischio di un ripiegamento identitario, accontentandoci di ‘pochi ma puri (potrebbe essere pure la pigrizia dei ‘pochi ma nostri’)”. “Rischiamo di essere irrilevanti nella vita di troppi e nella storia, nascondendo il talento per paura o pigrizia”, il grido d’allarme del presidente della Cei che sulla scorta di San Paolo ha auspicato per la Chiesa italiana “la capacità di abbattere i muri dell’abitudine, d’incontrare audacemente persone e mondi nuovi ed entrare in relazione con il popolo numeroso delle nostre città. È un fatto storico, di cui portiamo la responsabilità di fronte a Dio e al futuro della Chiesa”. “Tutti – laici, giovani e adulti, anziani, sacerdoti, religiosi – devono impegnarsi in un grande e rinnovato colloquio con le persone del proprio ambiente e andare oltre”, la consegna di Zuppi, secondo il quale “la Chiesa sinodale deve essere comunicativa. Il desiderio di molti giovani – circa 60.000 – di partecipare alla Gmg di Lisbona è significativo. Le difficoltà ci sono con il mondo giovanile, come sappiamo; ma le più grandi difficoltà sono la paura e l’impazienza”.

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