Assemblea Cei: card. Zuppi, “le mafie non sono scomparse, anzi si sono estese”. “C’è bisogno di una coscienza più ampia del pericolo”

foto SIR/Marco Calvarese

“Il clientelismo se non persino la corruzione o il solo cattivo funzionamento nella amministrazione pubblica costituiscono una piaga, che impedisce di fatto alla comunità civile di vivere in pace”. A denunciarlo è stato il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, che nella parte finale dell’introduzione ai lavori dell’Assemblea dei vescovi italiani si è soffermato su quelli che Papa Francesco chiama “peccati sociali”. “Apprezziamo e sosteniamo l’impegno di quanti svolgono il proprio dovere istituzionale con rigore e, a volte, con grande sacrificio personale”, ha proseguito Zuppi, secondo il quale “i recenti successi dello Stato nei confronti delle mafie sono da salutare con grande compiacimento. Oggi ricordiamo l’anniversario della strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. E quest’anno si compie anche il trentesimo anniversario del discorso di San Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi ad Agrigento (9 maggio 1993). L’intervento fu anche ispirato dall’incontro con i genitori del Beato Rosario Livatino, primo magistrato beatificato, laico di 37 anni, che ha mostrato come si possa cambiare la storia a mani nude e con la giustizia”. “Al discorso di Agrigento – ha proseguito il presidente cella Cei – seguirono l’attentato mafioso a San Giovanni in Laterano, quando la cattedrale del Papa fu colpita dal terrorismo, fatto unico nella storia, e l’uccisione di don Pino Puglisi, prete che aveva fatto dell’educazione dei giovani il terreno di liberazione dalla mafia”.” Le mafie non sono scomparse oggi, anzi si sono estese nel Centro-Nord, dove prosperano largamente anche con metodi e volti in parte mutati”, il grido d’allarme di Zuppi, che ha ricordato come dal 1991, la Cei, con la Nota pastorale Educare alla legalità, afferma che “il cristiano non può accontentarsi di enunciare l’ideale e affermare i principi generali. Deve entrare nella storia e affrontala nella sua complessità”. “C’è bisogno di una coscienza più ampia del pericolo”, l’appello del cardinale: “Dove il tessuto sociale è slabbrato, lo Stato lontano, la gente sola, disperata, povera, la scuola indebolita, c’è terreno di crescita per le mafie. La Chiesa, comunità viva e generosa, resiste alla forza disgregativa. Non siamo il resto del passato, ma – con i nostri limiti – operiamo per la liberazione dal male e siamo nel cuore dello slancio dell’Italia verso il futuro”.

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